Padovana in cella a Zanzibar con il marito, l'appello della famiglia: «Li tengono in condizioni disumane»

Sono accusati di riciclaggio di denaro. Tutto parte da una battaglia legale con gli ex soci in affari

Lunedì 20 Giugno 2022 di Serena De Salvador
Francesca Scalfari e Simon Wood sono rinchiusi in un carcere a Zanzibar
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PADOVA - Il 7 giugno sono stati convocati in tribunale a Zanzibar, scoprendo 13 capi d'accusa a loro carico. Fra questi il riciclaggio di denaro, che non prevede il rilascio su cauzione e che da quel giorno li ha fatti finire in carcere. Si è così tramutato in incubo il sogno di una vita nel paradiso tropicale per la 45enne Francesca Scalfari e il marito britannico Simon Wood. La coppia, rinviata a giudizio, tornerà in aula domani con gli avvocati che chiederanno la scarcerazione. Intanto il fratello della donna, che vive nel Padovano, ha raggiunto l'Africa e lancia disperati appelli sulle condizioni di detenzione «disumane» e sulla presunta infondatezza delle accuse.

Accuse che sono il frutto di una lunga battaglia legale fra la coppia Scalfari-Wood e quelli che sono stati i loro soci in affari, i bassanesi Giovanni Viale e la moglie Liliana Isabella Ferro.

L'inizio di tutto

Francesca Scalfari è nata a Sesto San Giovanni (Milano) da una famiglia calabrese che oggi vive nella Bassa Padovana. Vent'anni fa ha lasciato l'Italia per la Tanzania, dove ha conosciuto Wood dal quale ha avuto un figlio, oggi 11enne, che il giorno della carcerazione sono riusciti a caricare su un aereo facendolo arrivare dai nonni materni. Francesca ha gestito una boutique, Simon, ingegnere, aveva un'attività di serigrafia. Nel 2011 l'incontro con i Viale, cooperanti e imprenditori in Tanzania. Entrano in società e decidono di ristrutturare una villa di proprietà di Wood sulla spiaggia di Jambiani, quella che oggi è il conteso Sharazad Boutique Hotel. La ristrutturazione e la gestione dell'albergo però hanno dato il via a una sequela di denunce.

L'appello della famiglia

«Sono in carcere con accuse infondate, a cui avrebbero opposto una difesa leale - si è sfogato Marco Scalfari - Imprigionandoli hanno negato loro questa possibilità e non ci concedono di visitarli. Sono carceri con criminali veri, dove il rischio di malattie è altissimo, contro ogni legge governativa e diritto umano. Lei è con altre sei donne, lui in uno stanzone con 200 uomini, gli hanno rasato i capelli e tolto il cellulare». Il fratello ha creato la pagina Facebook Support for Francesca and Simon e oggi seguirà la nuova udienza, a cui presenzierà anche l'ambasciatore italiano.

I dissidi

In tribunale ci saranno anche i Viale. «Abbiamo messo a disposizione i nostri avvocati, ma finora i contatti con i parenti di Francesca non sono stati distesi ha specificato l'ex socio in affari. Certo, abbiamo fatto loro causa per riavere quel che abbiamo investito nell'hotel, ma non li vogliamo sapere in carcere».
«Siamo entrati in affari nel 2011, noi abbiamo finito per investire quasi un milione, loro dicevano di avere competenze nel settore, avrebbero dovuto curare ristrutturazione e gestione - spiega -. Noi eravamo soci di maggioranza al 70% e ci siamo dovuti trasferire a Zanzibar per finire i lavori. Gli screzi sono diventati sempre più acuti. Per un prestito che gli abbiamo fatto ci hanno dato come garanzia un terreno che invece era dello Stato. A quel punto, a maggio 2017, hanno fatto causa alla società. Il tribunale stabilì che per 600mila dollari avrebbero potuto rilevare le nostre quote. Nel 2020 registrarono la società dicendo di essere gli unici intestatari. Infine anche noi abbiamo presentato causa contro di loro: a marzo il tribunale ha ribadito che noi siamo soci di maggioranza e siamo in attesa dell'Appello». Una versione duramente rigettata dall'avvocato dei coniugi in carcere, Manuela Castegnaro. «L'Alta corte di Zanzibar autorizzò i miei clienti a rilevare per 600mila dollari le quote dei Viale, il cui valore è stato stabilito da un perito spiega . Hanno messo i soldi su un conto vincolato, come imposto dal tribunale, ma i Viale non li hanno mai ritirati. Passati sei mesi, il tribunale ha stabilito che la società era a metà di Francesca e a metà di Simon. I Viale non si sono appellati, quindi oggi non sono più soci».
«Non solo - prosegue Castegnaro - i miei clienti pur di liquidarli sono arrivati a offrire 1,2 milioni, ma anche quest'offerta non è stata accettata». In questo groviglio di battaglie in sede civile, nel 2019 è subentrato anche il risvolto penale, quando Viale e Ferro hanno denunciato l'altra coppia alla polizia. «I reati legati al riciclaggio sono frutto di quelle indagini, è per quelli che sono in carcere - ribadisce Viale -. Come siano arrivati a formularli, non lo sappiamo». «Ciò che viene contestato sono trasferimenti di denaro che però sono tutti derivati da sentenze e indicazioni del tribunale - chiude l'avvocato -. Non ci sono prove a loro carico, mentre noi abbiamo tutta la documentazione. Dimostreremo che Francesca e Simon hanno ragione, ma ora la priorità è farli uscire dal carcere dove non hanno a disposizione nemmeno il cibo».

Ultimo aggiornamento: 21 Giugno, 08:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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