Scandalo al carcere Due Palazzi: droga e telefoni cellulari, in 12 finiscono indagati

Martedì 9 Marzo 2021 di Marco Aldighieri
Scandalo al carcere Due Palazzi: droga e telefoni cellulari, in 12 finiscono indagati
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 La casa di reclusione Due Palazzi è teatro dell’ennesimo scandalo: ancora una volta i carcerati hanno introdotto nel penitenziario droga e telefoni cellulari. In dodici sono finiti indagati per spaccio, resistenza pluriaggravata a pubblico ufficiale e accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti. Le indagini, condotte dal pubblico ministero Benedetto Roberti insieme alla polizia penitenziaria, hanno scoperchiato un business illegale tra le celle non senza difficoltà. I reclusi hanno cercato in tutti i modi di impedire agli inquirenti di effettuare le perquisizioni. Il giorno 10 dicembre dell’anno scorso almeno otto carcerati, hanno organizzato una rivolta ostacolando il lavoro degli agenti. 
Sull’episodio è intervenuto Nicola Boscoletto legale rappresentante della cooperativa Giotto, capace di dare lavoro dietro alle sbarre a centinaia di detenuti. Il capo della coop, attraverso due email spedite nei giorni 13 e 21 gennaio e indirizzate a Dap, presidente del tribunale di sorveglianza e garante dei detenuti, ha scritto di avere saputo di presunte violenze da parte delle guardie carcerarie ai danni di alcuni reclusi. E ha chiesto di fare luce sul caso. In realtà, come hanno dimostrato le immagini registrate dal sistema di videosorveglianza, quel 10 dicembre sono stati i detenuti a scagliarsi contro i poliziotti della penitenziaria peraltro non in tenuta antisommossa. La Procura su questo incartamento spedito da Boscoletto ha aperto un fascicolo, al momento senza indagati.
L’indagine ha preso corpo il giorno 10 dicembre quando il tunisino di 24 anni Zaharan Salah Ben Mohamed è stato “pizzicato” all’interno del carcere con diversi ovuli di droga (cocaina, hashish e marijuana) e schede telefoniche occultati nell’intestino. Il giovane straniero, nipote di Ben Torch il “re” delle spaccate dell’estate 2019, secondo gli inquirenti si sarebbe approvvigionato della sostanza stupefacente durante il suo permesso premio alla comunità “Piccoli Passi” di via Po. Qui avrebbe incontrato la madre, Mounira Torch 54 anni, finita anche lei nei guai per avere portato al figlio la merce illegale. I due, ironia della sorte, erano stati “scritturati” come attori nel film documentario “Tutto il mondo fuori” realizzato dalla cooperativa Work Crossing legata a filo diretto con la coop Giotto. Un viaggio all’interno del Due Palazzi, insieme a don Marco Pozza, dove il messaggio è il recupero della persona grazie a numerosi progetti di formazione. Indagato è poi finito Nizar Boughanmi tunisino di 35 anni, insieme al connazionale Wissem Talbi di 24 anni. I due, secondo l’accusa, avrebbero aiutato Zaharan a portare in carcere la droga e i telefoni cellulari. L’apparecchio del nipote di Torch, un telefonino minuscolo, è stato anche “salvato” dalla perquisizione degli agenti: con una sorta di carrucola è stato portato dal secondo al quarto piano del penitenziario. Non solo, sarebbe stato utilizzato da diversi detenuti per comunicare: come avrebbe fatto lo stesso Zaharan (il pm per lui ha già chiesto il rinvio a giudizio) con spacciatori di Padova e Venezia. Lo vendita di droga in carcere, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, rende moltissimo. Se sulla strada una dose di cocaina viene spacciata a 70 euro, dietro alle sbarre ne costa 300. Ad essere sfruttati sono i carcerati più deboli, quelli dipendenti dalle sostanze stupefacenti e con il portafogli imbottito. 
Infine nel registro degli indagati ci sono finiti altri otto detenuti, tra cui ancora Boughanmi e Talbi, per resistenza pluriaggravata a pubblico ufficiale. Grazie a “radio” carcere, quel 10 dicembre sono venuti a sapere dell’arresto di Zaharan e di una immediata perquisizione nelle celle al secondo piano del Due Palazzi. In pochi minuti si sono organizzati per mettere in piedi una sommossa. Gli agenti sono stati bersagliati con lanci di pezzi di legno, frutta e altro materiale. Inoltre sono state date alle fiamme numerose lenzuola. Gli altri finiti nei guai sono Sami Rouini 40 anni, Adleni Al Hmidi 36 anni, Ahmed Chouchoui 22 anni, Naim Landolsi 39 anni, Minamine Zidi 29 anni e il marocchino Radouan El Madkouri di 26 anni. Nicola Boscoletto, il capo della cooperativa Giotto, in merito alle due email spedite per chiedere delucidazioni su eventuali abusi subiti dai detenuti quel 10 dicembre, è stato sentito a sommarie informazioni dagli inquirenti. Non ha fornito i nomi dei carcerati che gli avrebbero segnalato le presunte violenze per mano degli agenti. Sul caso è stato aperto un fascicolo al momento senza indagati. La Procura ha fatto sapere che durante le indagini c’è stata la piena collaborazione da parte del direttore del carcere e della polizia penitenziaria.
 

Ultimo aggiornamento: 08:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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