Inferno di botte e minacce, pestata dal fidanzato legato alla 'ndrangheta: lui in carcere con sei complici

Mercoledì 26 Gennaio 2022 di Marina Lucchin
Picchiata a sangue, il fidanzato era l'uomo sbagliato

CITTADELLA - Bella e facoltosa. Poteva avere chiunque, ma come si dice, al cuor non si comanda e il suo, quello di una trentenne cittadellese, aveva iniziato a battere per l'uomo sbagliato. All'inizio tutto sembrava perfetto, ma quando lui, un coetaneo calabrese - ma da tempo residente nell'Alta - è riuscito a entrare nel cuore della giovane (e, poi, anche nella sua casa), la favola si è trasformata in un inferno di botte e minacce, appostamenti e auto bruciate.

Tutto sotto lo spettro inquietante della Ndrangheta.

L'OPERAZIONE
L'incubo, per la donna, è finito ieri mattina quando, alle prime luci dell'alba, i finanzieri del Comando Provinciale di Padova, con i colleghi calabresi e il supporto tecnico del Servizio Centrale investigazione criminalità organizzata di Roma, hanno stretto le manette ai polsi del bruto, affiliato non solo a una ,ma a ben due drine reggine, i Tegano e i Condello, cui era legato per sangue in linea diretta. È la conclusione della delicata operazione Ermes, diretta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Venezia, che ha portato in carcere l'uomo. Assieme a lui, indagati, sono finiti altri sei calabresi le cui accuse vanno, a vario titolo, dalla violenza privata alle lesioni personali e agli atti persecutori, dalla detenzione e porto abusivo di arma da fuoco con munizioni all'estorsione, dalla ricettazione al tentativo di rapina e al furto in abitazione, fino a un episodio di danneggiamento seguito da incendio, reati perpetrati, con l'aggravante del metodo mafioso, tutto ai danni della cittadellese.

LE PERQUISIZIONI
Sempre ieri mattina sono state eseguite diverse perquisizioni delegate dalla Procura Distrettuale di Venezia presso abitazioni e attività commerciali nelle province di Catanzaro, Reggio Calabria e Cosenza.
Tutto comincia quando la donna, nel dicembre del 2019, si presenta alla Guardia di Finanza per denunciare quel che il compagno e i suoi amici le stavano facendo. In particolare racconta di essere pestata a sangue da tempo, tanto da finire in ospedale più volte. Il colpevole è l'ex compagno, un imprenditore calabrese, operante da diversi anni nel catanzarese nel settore del commercio della carne, con cui aveva stretto una relazione sentimentale.
Iniziano le indagini e presto si scopre che le accuse della donna sono fondate. E che dietro c'è molto, molto di più. L'uomo la minaccia, la pedina, la picchia, l'umilia, tutto perché aveva messo gli occhi sulla casa di lei, un'abitazione signorile che lui sperava di far diventare la base nordestina del suo clan, pronto a infiltrarsi nell'economia padovana.
Lei all'inizio non sapeva che alle spalle del calabrese ci fosse la 'Ndrangheta, ma poi tutto è stato chiaro, a partire dalle minacce evocative della vicinanza dell'uomo, per ragioni familiari, alla malavita calabrese. Non sapeva, inoltre, che lui era già stato arrestato per questioni di droga, assieme al fratello, a Lamezia Terme.

LA DENUNCIA
L'escalation di violenza culmina proprio nell'autunno del 2019, quando la casa della donna viene invasa da amici del compagno, tutti calabresi, che utilizzano la sua abitazione con un bunker per ospitare armi clandestine e altri affiliati alla cosca pronti a inserirsi nel tessuto economico prima di Cittadella, poi del Veneto e infine del Nordest, attraverso l'impresa di famiglia del trentenne, che si occupa di commercio di carne.
Alla fine ecco l'episodio che è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: l'incendio alla sua macchina e una pistola puntata dritta in faccia. Una punizione per aver allontanato il fidanzato, che il calabrese aveva deciso di lavare nel sangue, non fosse stato per le Fiamme gialle che, allertate dall'ex, ormai disperata, hanno iniziato le indagini e gli hanno rovinato i piani.
 

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