Bollette alle stelle, 450 locali padovani a rischio chiusura. E c'è chi alza i prezzi

Gestori in crisi: c'è chi valuta di sospendere l'attività e chi deve ritoccare il listino. L'Appe scrive a Mattarella

Giovedì 13 Ottobre 2022 di Gabriele Pipia, Silvia Quaranta
La manifestazione di Appe di fronte al tribunale

PADOVA - Alzare i prezzi per resistere. Sempre più esercenti imboccano questa strada per contrastare un mix micidiale: il caro-bollette e l'aumento delle materie prime. «Siamo tutti in grave difficoltà - allarga le braccia il segretario dell'Appe Filippo Segato - ma i pubblici esercizi lo sono doppiamente perché vengono da anni di chiusure particolarmente restrittive a causa del Covid.

Finalmente vedevamo la luce in fondo al tunnel ed è arrivata questa nuova mazzata. Siamo ormai in economia di guerra e si inizia a parlare di razionamento, con limiti orari e di temperatura per il riscaldamento. E anche qui siamo particolarmente penalizzati: mentre in fabbrica ci si può mettere un maglione in più, un ristorante deve essere accogliente».

450 locali a rischio

In provincia di Padova i pubblici esercizi (bar, ristoranti e altre attività) sono tremila e l'Appe stima che entro fine anno potrebbe chiudere il 15% - quindi 450 locali - per un totale di duemila dipendenti lasciati a casa. È pronta quindi una lettera rivolta al presidente della Repubblica Sergio Mattarella firmata dal presidente Appe Erminio Alajmo, dalla Presidente del gruppo Pasticceri Federica Luni e da centinaia di titolari per chiedere un incontro e soprattutto per chiedere massima attenzione alla categoria. «Non c'è più tempo - alza la voce Luni -. Tutti bravi a parlare di enogastronomia come fiore all'occhiello del nostro Paese e poi assistiamo ad una imbarazzante immobilità politica». Un'altra settimana di raccolta firme, poi la lettera il 17 ottobre sarà spedita al Quirinale.

Chi alza i prezzi

Intanto diverse attività hanno già iniziato ad alzare leggermente i prezzi e molte altre ci stanno pensando. Un esempio arriva da Sarah Bertolin, titolare della pizzeria Castelfidardo in zona Sacra Famiglia. «Cari clienti qua la situazione si fa sempre più seria e a quanto pare fuori controllo sulla questione aumenti (...). È salito alle stelle il prezzo di tutti i latticini, della farina, dell'olio e di tutta la catena che ne deriva. La mozzarella che compro io, e che è di buona qualità, costava circa 5 euro al chilo. È già salita a 7 e si prevede che entro fine anno arrivi a 9 euro al chilo: attualmente su questo prodotto spendo già 600 euro in più al mese, se il costo sale a 9 euro l'aumento mensile per me sarà di circa mille euro. Stessa cosa per la farina: quella che uso è italiana ma il prezzo è schizzato lo stesso, per questo parlo di speculazione. O ancora i cartoni: nell'ultimo anno il costo è salito 8 volte. Ma cosa posso fare? Se vendo pizza non posso fare a meno né dei cartoni né della mozzarella».
«Non so davvero quale soluzione adottare - prosegue Bertolin -, potrei ritoccare il listino fermo da un anno circa. Non vorrei farlo e non mi va comunque a coprire gli aumenti, ma è ovvio ci dà una mano a tenere aperta l'attività. Oppure potrei abbassare la qualità dei miei prodotti, ma nemmeno questo ci porterebbe lontano. Oppure non ci resta che continuare ad accollarci tutti gli aumenti, lavorando così nella speranza di andare almeno a pari e non in perdita. Ma anch'io vorrei lavorare per essere gratificata e non per far debiti su debiti. Sia ben chiaro che continuare ad aumentare i prezzi ci costa, perché ci dispiace che tutto questo ricada sull'utente finale. Anche noi siamo utenti finali quando fuori dalla pizzeria andiamo al bar o al ristorante, o al supermercato dove i prezzi sono fuori controllo. Non trovo una via d'uscita».

Tra i tanti commenti anche quello di Elisa, titolare della vicina toelettatura Zampe di Velluto, in via Palermo: «Ritoccherò i prezzi per arrivare almeno fino a Natale, poi non so come andare avanti. I costi dell'energia sono ormai del tutto insostenibili». È di pochi giorni fa anche la notizia della chiusura della pizzeria Adalta (ex Fresco) in via Forcellini 172. Anche qui, come spiegato in una nota diffusa dalla Cooperativa Work Crossing (che comprende la pizzeria Adalta ed anche la pasticceria Giotto), i motivi della chiusura si devono ai rincari di materie prime ed energia.

Come sospendere l'attività

Alla segreteria dell'Appe intanto negli ultimi giorni sono arrivate anche diverse domande: «Se necessario è possibile sospendere l'attività?». Il segretario Segato annuisce: «Sospendere l'attività è fattibile ed è uno strumento prezioso prima di arrivare alla chiusura definitiva. Purtroppo però tutelare i dipendenti non è poi così facile. Non c'è più la cassa integrazione semplificata Covid, c'è solo quella ordinaria difficile da ottenere. L'altro nodo riguarda il canone d'affitto dei locali: serve trovare un punto d'incontro con i proprietari».

Video

Ultimo aggiornamento: 14 Ottobre, 10:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci