Caro bollette, a rischio 14 mila imprese artigiane: le aziende lavorano in perdita

Martedì 13 Settembre 2022 di Serena De Salvador
CARO BOLLETTE - Attività e produzione sempre più in crisi a causa dei costi dell'energia
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PADOVA - Quando tenere aperta un’attività significa pagare bollette astronomiche e diventa un esborso anziché un guadagno, la prospettiva è il blocco della produzione. Un’ombra che si profila su un orizzonte sempre più prossimo per 14mila imprese padovane di oltre 40 diversi settori. Le grandi energivore della carta, del vetro e della metallurgia, ma pure il tessile, il legno e persino la gestione di servizi come acqua e rifiuti. E a fare maggiormente le spese dei rincari sono le ditte medie e piccole, specie del comparto artigiano.
A rilanciare l’allarme è Confartigianato Imprese Padova, che ieri ha dato il via alla campagna “Nessuna impresa chiuda” per fare pressione sulla politica e offre alle aziende canali di sostegno dedicati.


I DATI
«Dalle nostre stime – spiega Gianluca Dall’Aglio, presidente di Confartigianato Padova – nella provincia euganea sono a rischio 14mila piccole e medie imprese di 43 diversi settori». Imprese che rischiano il lockdown energetico, ossia la prospettiva di dover fermare la produzione a causa dei costi energetici che le porterebbero a lavorare in perdita. Quadro ancor più angosciante a fronte invece della crescita delle esportazioni che, dopo la pandemia, nel primo trimestre 2022 ha registrato una crescita in valore del +20% rispetto allo stesso trimestre del 2021. In altre parole il lavoro c’è e ce n’è tanto, ma a fronte dei costi di energia e materie prime è più conveniente fermarsi.
«Servono interventi immediati, ma anche altrettanto rapide riforme strutturali per riportare i prezzi dell’energia sotto controllo e scongiurare una crisi senza precedenti – aggiunge Dall’Aglio – Artigiani e piccoli imprenditori padovani hanno già pagato 443 milioni di euro in più negli ultimi 12 mesi e la cifra rischia di raddoppiare entro fine anno».
Le attività più a rischio blocco (che a cascata si traduce in rischio di chiusura, licenziamenti e disoccupazione) sono le energivore come ceramica, vetro, cemento, carta, metallurgia, chimica, raffinazione del petrolio, alimentare, bevande, farmaceutica, gomma e materie plastiche e prodotti in metallo.

Ma i rincari fanno soffrire anche comparti manifatturieri come il tessile, la lavorazione del legno, le attività di stampa, la produzione di accumulatori elettrici e di apparecchi per uso domestico, di motori e accessori per auto, la fornitura e gestione di acqua e rifiuti.


LE RICHIESTE
A fronte di un quadro sempre più preoccupante, Confartigianato ha deciso di agire su più piani: quello della protesta, con specifiche richieste alla politica, e quello del sostegno alle imprese.
«La nostra economia è in guerra – prosegue Dall’Aglio – Stiamo facendo pressione per ottenere sia la riduzione del prezzo del gas che interventi pubblici per abbattere i costi in bolletta. Vogliamo risposte adeguate da un Governo che gestisce mille miliardi di spesa annuale pubblica e vanta un credito erariale di 1.100 miliardi. Azzeramento degli oneri di sistema per luce e gas e proroga e ampliamento del credito d’imposta per le imprese non energivore e non gasivore sono misure che devono essere potenziate. Poi va fissato un tetto europeo al prezzo del gas e va recuperato il gettito calcolato sugli extraprofitti. Ma chiediamo anche di azzerare le pratiche per l’installazione di impianti di autoproduzione e autoconsumo e che vengano usati i fondi del Pnrr per incentivare il fotovoltaico. Serve una riforma della tassazione dell’energia, che oggi tocca il 51% della bolletta».
Confartigianato inoltre offre alle aziende una task force dedicata ad affrontare il dramma dei rincari, con sostegni e consulenze dal punto di vista sindacale, del credito, della fiscalità e dell’accesso al bando per il fotovoltaico.

Ultimo aggiornamento: 11:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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