Sotto sole e pioggia a 5 euro all'ora, alloggi degradati, giornate di lavoro infinite: arrestato "caporale"

Gli stranieri venivano assoldati soprattutto per lavori stagionali, ad esempio per la raccolta degli asparagi di Pernumia: schiavizzati con la promessa del permesso di soggiorno

Mercoledì 1 Giugno 2022 di Marina Lucchin e Giovanni Brunoro
Caporalato nella Bassa Padovana, arrestato imprenditore marocchino
1

PADOVA - Quando sono partiti dall'Africa, vedevano l'Italia come fosse la terra promessa. E invece, arrivati nella Bassa Padovana, sono finiti nelle mani di un marocchino che, promettendo di fornire loro i documenti per avere il permesso di soggiorno, li ha obbligati a lavorare nei campi anche 15 ore al giorno, sotto il sole cocente o con la pioggia incessante, accovacciati nella povere o nel fango in base al meteo per mangiare il tozzo di pane che si concedevano per il pranzo. E quando tornavano a casa la situazione non era migliore: questi schiavi d'epoca moderna pagavano 150 euro al mese per avere un giaciglio in un rudere decrepito che chiamare casa sarebbe impossibile, senza acqua né riscaldamento. Ora i 23 braccianti hanno trovato la libertà, mentre il caporale 30enne marocchino è stato arrestato dai carabinieri, nell'ambito dell'operazione che prende proprio il nome di Terra promessa.

CONTROLLI E SEGNALAZIONI
Ieri mattina i carabinieri del nucleo operativo gruppo tutela del lavoro di Venezia e dell'ispettorato del lavoro di Padova, con la collaborazione della compagnia di Este, hanno chiuso le indagini. Hanno dato esecuzione alla misura di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti del 30enne residente a Stanghella. L'uomo è accusato di sfruttamento del lavoro nei confronti di 23 extracomunitari di origine africana, per lo più marocchini, senegalesi e gambiani, alcuni dei quali irregolari. Il provvedimento è stato emesso dal gip del Tribunale di Rovigo, su richiesta della locale Procura, e parte da un'indagine condotta dai carabinieri del nucleo operativo gruppo tutela del lavoro di Venezia e dell'ispettorato del lavoro di Padova avviata nel maggio 2020: alcuni lavoratori sfruttati hanno preso coraggio e hanno denunciato il datore di lavoro. Le indagini sono state coordinate dal sostituto procuratore di Rovigo Sabrina Duò.

I RISCONTRI
L'azienda del 30enne ha sede legale a Stanghella. L'uomo reclutava gli stranieri che trovava anche per strada o nelle piazze dei paesi vicini per impiegarli in aziende agricole locali, alcune nella zona di produzione di asparagi, molto faticosi da coltivare e raccogliere.
Secondo gli accertamenti effettuati dai carabinieri, il 30enne approfittava dello stato di bisogno dei lavoratori e della loro vulnerabilità, in quanto irregolari. Li pagava non più di 5 euro l'ora: una paga decisamente più bassa rispetto ai regolari contratti collettivi nazionali.

Inoltre li costringeva a turni di 12 e anche 15 ore al giorno senza riposi settimanali.

 

LE CONDIZIONI
I 23 braccianti lavoravano sotto la pioggia, nel fango, senza bagni, senza un posto dove consumare un pasto e sotto una vigilanza costante e oppressiva. Non veniva adottato alcun dispositivo di sicurezza e ovviamente non venivano fatte né formazione o visite mediche. Ad aumentare il degrado, le loro condizioni abitative: i lavoratori vivevano in alloggi sovraffollati, senza acqua né gas e dovevano anche versare 150 euro per il posto letto.
I 23 braccianti accettavano tutto questo per la paura di non riuscire a trovare un altro impiego, con la speranza di poter ottenere il permesso di soggiorno. Tutto questo consentiva al 30enne di proporsi sul mercato della manodopera agricola con prezzi a dir poco vantaggiosi. Motivo per cui aveva commissioni da parte di parecchi imprenditori agricoli, che almeno fino a ora non sono stati coinvolti nell'indagine perché non è stato ancora possibile dimostrare che fossero a conoscenza delle condizioni dei braccianti. Le associazioni di categoria a tal proposito avevano incontrato il prefetto Raffaele Grassi per l'allarmante mancanza di braccianti stranieri in regola, che può portare appunto a fenomeni di caporalato.

IL SINDACO
«Qualche mio concittadino li aveva visti e avevo segnalato tutto ai carabinieri di Monselice». Così il sindaco di Pernumia, Marco Montin, sull'operazione Terra promessa, che ha portato a galla un sistema di caporalato diffuso in tutta la Bassa e che vedrebbe in Pernumia uno dei suoi centri più critici.

LE MODALITÀ
Montin, entrato in carica a settembre 2020, racconta alcune scene che lasciano pochi dubbi all'interpretazione. «Alle prime luci dell'alba, si radunavano nelle piazzette pubbliche gruppi nutriti di persone, per lo più giovani extracomunitari. Poi passava un furgoncino, questi ragazzi salivano e si dileguavano». Tutto porta a meccanismi opachi di reclutamento della manovalanza destinata ai campi di coltivazioni stagionali come gli asparagi. Il fatto che il punto di ritrovo fosse Pernumia fa pensare che la destinazione dei braccianti non fosse lontana, forse la stessa Pernumia o un comune limitrofo. Questi elementi si basano sulle testimonianze dei concittadini di Montin: videocamere di sorveglianza pubblica non ce ne sono, fatta eccezione per i varchi di accesso al paese. «Non avrei mai pensato che nel 2022 ci sarebbe stato bisogno di ricorrere al caporalato - prosegue il sindaco -. Mi auguro che chi di dovere approfondisca la questione e che, all'esito di un eventuale giudizio, si accerti l'estraneità ai fatti delle nostre aziende agricole». In ogni caso, Montin fatica a credere che «un agricoltore serio si prenda la briga di portare nei campi dei lavoratori irregolari. È troppo rischioso, con i controlli serrati che ci sono oggigiorno».

LA SEDE LEGALE
A Stanghella l'indagato avrebbe la sede legale della società che faceva da tramite tra le aziende agricole e la manovalanza. Un paese un tempo rurale, che negli ultimi decenni ha saputo crearsi una zona industriale efficiente. «Mi riesce comunque difficile pensare che quei braccianti potessero essere utilizzati qui a Stanghella - spiega il sindaco Sandro Moscardi - È vero che abbiamo diverse aziende agricole, ma si tratta prevalentemente di colture tradizionali ed estensive, come cereali, frumento, mais e soia. C'è anche qualche frutteto, ma sono tutte realtà rispettose del lavoratore e poco propense a ricorrere a manodopera stagionale». Moscardi sottolinea inoltre che «i diritti dei lavoratori sono il traguardo di lotte del passato e salvaguardare le loro tutele è imprescindibile. La dinamica che emerge dagli atti mi lascia basito e spero che il colpevole venga severamente punito».

L'ATTIVISTA
Prende posizione anche Francesco Miazzi, consigliere comunale di minoranza a Monselice, che in più sedi aveva denunciato dinamiche opache nel lavoro agricolo: «Caporalato e condizioni al limite dello schiavismo stanno emergendo ogniqualvolta ci si avvicina alle lavorazioni agricole o agroindustriali. Purtroppo, gli organi ispettivi sono drammaticamente sottodimensionati. Questo perché manca la volontà reale di affrontare gli elementi strutturali e gli interessi economici che creano le premesse, se non la legittimazione, dell'intermediazione illecita». A tal proposito, Miazzi punta il dito contro la grande distribuzione e l'industria agroalimentare «che impone i prezzi sul campo» e contro una mentalità di impresa che «spesso coordina e incentiva questo sistema».

Ultimo aggiornamento: 17:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci