Arresti a Grafica Veneta, tutto nasce da quel pestaggio dei lavoratori che volevano ribellarsi

Martedì 27 Luglio 2021
La conferenza stampa sugli arresti a Grafica Veneta

PADOVA - Il 25 maggio 2020 gli operatori della centrale operativa dell'Arma di Padova e Mestre difficilmente se lo dimenticheranno. Prima hanno ricevuto la segnalazione di un giovane pakistano legato con le mani dietro la schiena, picchiato selvaggiamente e abbandonato lungo la Statale 16, nel territorio di Piove di Sacco. Qualche minuto dopo un altro caso praticamente identico: un altro pakistano era nelle stesse condizioni sul ciglio di una strada a Loreggia. I militari non fanno in tempo a mettere giù il telefono che al 112 viene segnalata la presenza di un terzo asiatico, sempre malmenato e legato, questa volta appena di là dal confine con Venezia. E nel giro di un'ora arriva una quarta e una quinta segnalazione. Infine la telefonata dal pronto soccorso: cinque pakistani, in gruppo, si sono presentati al triage. «Siamo stati picchiati, seviziati e rapinati» hanno raccontato ai medici.  Tutto troppo strano. Così l'Arma ha fatto scattare le indagini. Dopo la denuncia presentata dalle vittime, gli accertamenti avviati nell'immediatezza dalla Compagnia di Cittadella hanno consentito di appurare che tutti questi ragazzi pakistani erano stati protagonisti di un unico evento violento che si era consumato tra i comuni di Trebaseleghe e Loreggia, in quella giornata.
Dai racconti delle vittime emerge che erano tutte dipendenti di una società trentina attiva nel campo del confezionamento e finissaggio di prodotti per l'editoria, di proprietà di due cittadini (padre e figlio) pakistani con cittadinanza italiana, che fornisce manodopera ad alcune aziende di grosse dimensioni ubicate nel Nord. Nella fattispecie, le vittime, durante quel periodo, lavoravano alla società Grafica Veneta di Trebaseleghe oppure in un'altra azienda editoriale di Loreggia. 
Tutte le dichiarazioni delle vittime sono convergenti e descrivono che i pagamenti avvenivano tramite bonifico, ma poi i singoli lavoratori dovevano lasciare il proprio bancomat al titolare, che provvedeva al recupero di parte dello stipendio accreditato. E col medesimo metodo veniva recuperata anche la tredicesima. 
Il violento pestaggio del 25 maggio altro non era che una punizione riservata ai lavoratori che stavano maturando il proposito di ribellarsi, recandosi nella sede di un sindacato per avere informazioni sui propri diritti.

Ma le indagini dell'Arma, coordinate dal Pm Andrea Girlando, non si sono fermate qui: hanno ricostruito l'intera rete facendo emergere un quadro generale ancor più allarmante, consentendo di accertare il caso di caporalato che ha portato agli 11 arresti. 

Ultimo aggiornamento: 28 Luglio, 11:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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