PADOVA - Un nuovo studio sull'uso dei test antigenici per contenere l'epidemia da Covid 19, condotto da un team dell'Università di Padova e dell'Imperial College di Londra, e coordinato dal prof Andrea Crisanti, evidenzia nuovi limiti dei tamponi rapidi rispetto ai molecolari, in particolare perchè ai primi sfuggirebbe una specifica variante del virus «caratterizzata da molteplici sostituzioni di amminoacidi dirompenti nell'antigene N».
Covid, nuovo studio sui tamponi
Crisanti e il suo team hanno pubblicato il nuovo studio - Impact of antigen test target failure and testing strategies on the transmission of SARS-CoV-2 variants - sulla rivista Nature Communications. «Poiché questa variante - spiega Crisanti - è risultata circolante con maggiore frequenza in Veneto, dove il 57% dei test condotti tra settembre 2020 e maggio 2021 erano antigenici, rispetto al resto d'Italia (dov'erano solo il 35%) si è verificata successivamente l'ipotesi che l'aumentata frequenza dei test antigenici nella rispetto al resto del Paese avrebbe potuto favorire la trasmissione non rilevata della variante discordante».
Cosa dice la ricerca di Crisanti
La ricerca, avrebbe dimostrato in sostanza, che i sistemi di sorveglianza genomica che si basano sul test della popolazione dell'antigene per identificare i campioni per il sequenziamento, hanno influenzato il rilevamento delle varianti del test dell'antigene di fuga.
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