Tentato omicidio al market, la madre: «Nessuna giustizia per Andrea»

Venerdì 14 Dicembre 2018 di Francesco Cavallaro
Andrea Furlan
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ALBIGNASEGO - La gigantografia di Andrea Furlan campeggia sulla parete della casa di mamma Cristina Calore. “E’ fantastico quello scatto”, commenta con lo sguardo sul figlio. La sera del 14 dicembre 2013  fu raggiunto da un colpo di pistola mentre stava uscendo dal supermercato Prix di Albignasego, dove lavorava come cassiere. Da allora si trova in uno stato di incoscienza. Il caso è stato definitivamente archiviato in quanto non è mai stato individuato alcun colpevole. A breve, invece, partirà l’azione civile nei confronti dell’azienda. Sarebbero state accertate diverse carenze, su tutte l’assenza di telecamere a circuito chiuso. Più in generale, non sarebbero stati adottati i necessari sistemi di sicurezza a protezione dei dipendenti.
 
“Amo Andrea con tutta me stessa – racconta la madre – Non ritornerà più come prima, questa è la mia più grande sofferenza”. “Riconosce la mia voce, dovrebbe essere un motivo di gioia. Tuttavia, ha un retrogusto amaro, non mi lascia niente. Era sano, bello, aveva l’intera vita davanti. Sapeva mediare in tante cose. Lo consideravo molto più in gamba di me”. Finché un sabato sera un fantasma non ha rotto l’incantesimo: uno sparo, la fuga, la corsa disperata al pronto soccorso dell’ospedale di Padova. E la diagnosi, senza appello. Per lui niente sarà più come prima. “Ci sono dei giorni in cui mi alzo alla mattina e mi dico che non è possibile, non può essere accaduta una tragedia del genere. Sono chiamata ad affrontare una situazione faticosissima, che alla lunga mi sta sfibrando”. Era un vulcano di sogni e idee, Andrea. “Si è diplomato all’Istituto Duca degli Abruzzi. Desiderava viaggiare, conoscere il mondo. Dopo la maturità si è iscritto alla Facoltà di Scienze Politiche, ma non ha terminato il suo percorso universitario”. Nel frattempo ha trovato il suo primo impiego, alla sala scommesse Izy Play di Abano. Dopodiché è passato al Prix. “Era più comodo, andava al lavoro in bicicletta. Di sicuro avrebbe fatto carriera, era sveglio”. Quel maledetto 14 dicembre il ragazzo, allora 23enne, ha visto in faccia chi gli ha sparato. La verità è tutta racchiusa dentro quell’attimo. “Non può raccontare di persona cos’è successo, mentre la giustizia, purtroppo, non è riuscita a venirne a capo. Mi sembra incredibile che gli inquirenti non abbiano trovato un appiglio, un elemento sul quale indagare. Hanno escluso la rapina finita male, anche perché non hanno portato via nulla. Personalmente credo poco al regolamento di conti. Per carità, tutto può essere, ma mio figlio non aveva scheletri nell’armadio”. Una pausa, come per rimettere in ordine le idee. “Ogni tanto penso ci sia stato uno sbaglio di persona. C’erano tanti altri posti, se proprio volevano far fuori mio figlio. La stradina che collega l’abitazione al supermercato è buia e seminascosta, gli avrebbero potuto tendere un agguato lontano da occhi indiscreti. Come mai proprio all’iper, peraltro a pochi metri dalla statale Adriatica? Non ha senso un comportamento simile”. Nonostante sia trascorso tanto tempo, diversi amici vanno ancora a trovarlo a casa. “Una sua coetanea, in particolare, gli aveva confidato che non sarebbe mai andata a New York senza di lui. Avevano fatto una sorta di patto. La giovane, adesso, non vuole assolutamente rompere la promessa. So che posso contare su di loro, una bella consolazione”. Il giovane dev’essere costantemente seguito da personale specializzato. “Le spese iniziano ad essere molte, l’assegno dell’Inail basta a malapena per pagare un’infermiera a domicilio. Personalmente sono molto provata. Chi ha sbagliato è tenuto a prendersi le proprie responsabilità e pagare le conseguenze”. Nello specifico il Prix, come rileva Matteo Mion, l’avvocato che sta seguendo la vicenda: “Abbiamo tentato di raggiungere un accordo, ma la controparte ha rifiutato qualsiasi tipo di conciliazione davanti al tribunale. Motivo per cui ora agiremo in sede civile. Andrea è invalido al 100% e rimarrà tale per tutta la sua esistenza. Chiederemo un risarcimento dell’ordine di 2 milioni di euro. Spiace che l’impresa abbia eretto un muro. In assenza di un dialogo costruttivo, sarà il giudice a decidere”. “Ricordiamo – conclude la sua analisi – che il giovane ha subito il peggiore dei danni possibili. Vogliamo solamente sia fatta giustizia”.
Francesco Cavallaro
Ultimo aggiornamento: 08:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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