Ahmed morto nel Brenta, la Procura: «Costretto ad uccidersi». Le ipotesi: bullismo, bande, regolamento di conti

Aperto un fascicolo per istigazione al suicidio

Mercoledì 27 Aprile 2022 di Marina Lucchin
Ahmed Jouider
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PADOVA -  Ahmed Jouider non si è ucciso. Ahmed sarebbe stato costretto a uccidersi. Tanto che il pubblico ministero padovano, Andrea Girlando, ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio dopo il ritrovamento, ieri mattina nelle acque del Brenta, del corpo del quindicenne di origine marocchina, sparito dal quartiere padovano di Mortise nella notte tra giovedì e venerdì scorso.

Una ipotesi di reato non come scelta tecnica solo per eseguire l'autopsia, ma perché gli investigatori ritengono che ci siano elementi per seguire questa pista. Il 15enne è stato ripescato pochi minuti dopo le 10 dai sommozzatori dei vigili del fuoco in seguito al ritrovamento, da parte della Squadra mobile, del cellulare del giovane, che era stato preso da un passante che l'aveva visto apparentemente abbandonato sul ponticello che collega Padova con la confinante Cadoneghe. Ha tolto la vecchia scheda sim e ne ha introdotto un'altra. Uno scherzo del destino che aveva fatto credere che il 15enne fosse ancora vivo. Mentre invece era già da quasi 5 giorni sott'acqua.

Ahmed, che diceva di sentirsi minacciato e su cui forse pesava l'ombra del bullismo o di un regolamento di conti con la compagnia di un paese vicino, aveva già pianificato tutto ancor prima di uscire di casa. Ha detto addio alle persone a lui più care: un bacio sulla fronte della mamma e un ultimo ti amo alla ragazzina che gli aveva rubato il cuore. Poi il salto nel buio dall'ondeggiante ponte pedonale. Giù nelle scure acque del Brenta. I pompieri l'hanno ritrovato in una posizione che ricorda molto quella di qualcuno che cerca di trattenere il respiro sott'acqua. Insomma, Ahmed è stato costretto a togliersi la vita. Perché? Questo resta un mistero. Anzi, uno dei tanti misteri di questa straziante storia che ora gela il sangue nelle vene di genitori di figli adolescenti che vivono nel quartiere: dopo Henry Amadasun, suicida nello stesso punto a settembre, ora Ahmed. C'è forse qualcuno che spinge i ragazzini a uccidersi? La famiglia aveva segnalato la sua scomparsa intorno alle 4 della mattina di venerdì, quando la madre Latifa e la sorella Hiba non l'avevano visto più rientrare. La Squadra mobile della questura padovana, ora, sta svolgendo le indagini per dare una risposta ai troppi interrogativi rimasti aperti.

Sono le 21.30 di giovedì quando il ragazzino esce di casa. Dà un bacio sulla fronte alla madre, infila le scarpe bianche che tanto gli piacevano su quella tuta nera con una fascia grigia, infila la porta e se ne va. La mamma è insospettita da quell'inusuale gesto d'affetto, così la sorella prova a chiamarlo: nessuna risposta. Alle 22 Hiba gli telefona da un numero che Ahmed non conosceva. Il 15enne risponde e si ritrova all'altro capo la sorella. «Mi fai preoccupare! Dove sei?». Con un tono tranquillo ha risposto che era alla chiesa del Cristo Re, dove spesso si trovava con gli amici e ha chiuso con un - di nuovo - inusuale «Vi voglio bene». A mezzanotte ha spento il telefono. E poi quell'inquietante messaggio vocale all'ex fidanzata: «Ora devo uscire. Ho delle questioni in sospeso con alcune persone. So che morirò, penso di sì. Oppure se non muoio avrò delle ferite, gravi. Ma penso che morirò». E la tenera conclusione: «Anche se sono sdolcinato non mi cambia più niente, ti dico solo questo, ti amo».

Lunedì sera la polizia ha rintracciato il suo cellulare grazie al codice Imei: all'interno c'era un'altra scheda Sim. Arrivati all'uomo che lo stava usando, la polizia ha scoperto che quest'ultimo l'aveva trovato dopo la mezzanotte tra giovedì e venerdì sulla passerella pedonale del Brenta. E lì è scattato l'allarme. Le ricerche hanno immediatamente dato esito positivo: Ahmed era morto la sera della sua scomparsa. Probabilmente spinto da qualcuno che gli faceva paura. Si è gettato da solo, secondo le prime risultanze del medico legale. Ma l'enorme dubbio è che qualcuno sia responsabile psicologicamente, che l'abbia spinto a uccidersi. Ma per quale motivo? È la domanda cui gli inquirenti vogliono dare una risposta. Perché a 15 anni non si può morire così. Perchè altri ragazzini non incappino nello stesso meccanismo. Perchè una madre disperata deve sapere per quale motivo suo figlio è morto.

Sentiti gli amici

 La squadra Mobile di Padova ha cominciato ad ascoltare alcuni amici di Ahmed Jouidier, il 15enne di origini marocchine trovato senza vita nel Brenta a Padova martedì mattina. I ragazzi vengono ascoltati dagli investigatori con tutti gli accorgimenti del caso, dal momento che si tratta di minorenni. Grazie a loro si spera di far luce sulle angosce che potrebbero aver spinto il ragazzo a togliersi la vita, stando alla ricostruzione della polizia, giovedì 21 aprile scorso, dopo aver rassicurato la famiglia che stava bene. Gli investigatori stanno cercando soprattutto i contatti più recenti, tra questi ovviamente anche la ex fidanzata del giovane, che proprio nella serata di giovedì aveva ricevuto un messaggio vocale inquietante: «Ho delle questioni in sospeso con alcune persone, più che altro penso che morirò, penso di sì, o se non muoio avrò delle ferite gravi». La giovane non si era preoccupata molto di queste parole perchè, ha sostenuto, «capitava spesso che mi facesse scherzi di questo tipo».

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Ultimo aggiornamento: 28 Aprile, 10:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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