Senza matrimoni aziende del settore alla canna del gas, protesta in piazza

Sabato 27 Febbraio 2021 di Mauro Giacon
Manichini sul liston per la protesta, davanti al municipio, degli operatori del settore matrimoni, in profonda crisi con la pandemia
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PADOVA - Abiti da sposa davanti al municipio ieri mattina. In tempi normali sarebbe stata una sfilata. Invece i manichini imbavagliati erano attorniati da cartelli come questo: “Vogliamo lavorare, Draghi non ci bruciare”. Oppure “Vestiamo sogni, viviamo in un incubo”. Proprio così. Gli operatori del settore su iniziativa dell’Ascom, hanno manifestato tutta la loro rabbia e disperazione. Da oltre un anno non lavorano più e soprattutto non hanno avuto ristori, a differenza di altri settori che invece, dicono, sono stati meno colpiti.
I NUMERI
Per dare un’idea della situazione Carlo Trevisan rappresentante degli agenti di commercio Ascom ha prodotto cifre spaventose. «Ci sono 2mila imprese del settore nel padovano, dai fioristi agli atelier, con 20mila addetti e 3mila stagionali. Un comparto da 1 miliardo di fatturato che si è azzerato al 90 per cento. Tanto che stimiamo che il 30 per cento delle attività chiuderà i battenti».
Che cosa chiedono? «Più attenzione dal governo, sottoforma di due cose. Ristori finalmente e certezza sulle date. Non c’è nulla che possa fare più male al comparto di non sapere quando si potrà ripartire. I matrimoni sono organizzati con un anno di anticipo. Ci sono centinaia di coppie che stanno attendendo da febbraio 2020». 
Anche l’assessore al Commercio Antonio Bressa, a nome dell’amministrazione, ha voluto essere vicino ai manifestanti. «Ovviamente i ristori devono essere decisi a livello più alto Regione o Stato. Ma faremo pressione perché nel prossimo decreto ristori, il quinto, si superi la logica dei codici Ateco perché questi non compongono tutta la gamma delle attività in crisi».
Un comparto estremamente frazionato (si va dai negozi di abiti da sposo e da sposa, al catering, ai ristoranti, alle location; e poi liste nozze, wedding planner, agenzie di viaggio, agenti di commercio, fotografi e videomaker, addobbi floreali, bomboniere, oreficerie, intrattenimento musicale e dj, make up e hair styling) ma forse, proprio per questo, mai finito sotto i riflettori dei ristori. Drammatiche le testimonianze di Marzia Santella e Martina Ruffato in rappresentanza dei negozi di abiti da cerimonia e Pierpaolo Varotto, presidente dei fioristi aderenti all’Ascom Confcommercio.
LE RICHIESTE
Santella: «Io chiedo che si tenga un protocollo a parte per questo settore. Il danno è stato enorme, ed ha creato anche problemi economici e psicologici alle stesse coppie e alle loro famiglie. Ci sono stati casi in cui il giovedì per il sabato un matrimonio ha visto ridursi gli invitati da 120 a 30 per il Covid. Gli sposi hanno dovuto avvertire tutti, anche chi aveva speso soldi per il vestito e i regali. Per quanto ci riguarda abbiamo ricevuto un solo ristoro ad aprile, mentre ad altre categorie che sono riuscite anche a tenere aperto è andata meglio. Ma noi gli abiti li avevamo comprati prima, e non li abbiamo venduti però le tasse le abbiamo dovute pagare». Ruffato: «C’è il blocco totale delle vendite perché non si sa se si potranno fare matrimoni e con che restrizioni. Le coppie pronte nel 2021 ci stanno ripensando e bloccano la filiera. Nonostante questo non stiamo ricevendo nessuno aiuto, non siamo nemmeno menzionati. Adesso arriva la primavera, se non ci sono subito le date di quando si potrà ripartire perderemo il periodo più importante dell’anno». 
Varotto: «L’allestimento di matrimoni e feste è completamente in ginocchio, si è annullato. I pochi matrimoni sono in forma ridotta e nessuno degli sposi investe sugli allestimenti. Alcuni di noi sono andati a fare i trasportatori per le multinazionali per avere uno stipendio dignitoso. Ma non è giusto che chi ha investito tanto adesso chieda la carità».

 

Ultimo aggiornamento: 08:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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