PADOVA - Sono otto le persone rinviate a giudizio dal giudice Elena Lazzarin per il tragico indicente del 13 maggio 2018 alle Acciaierie Venete costato la vita a due operai.
A giugno dell'anno scorso, quando il Gup mandò a processo i primi sei, la posizione di Nicola Santangelo il presidente del cda della Danieli Centro Cranes spa e il consigliere con delega all'esecuzione dei collaudi Giancarlo Tonoli venne stralciata, con la disposizione per i due di comparire nuovamente davanti al giudice Lazzarin che aveva disposto una perizia successiva alle consulenze richieste dal pubblico ministero Valeria Sanzari. E ieri ha avuto luogo l'udienza.
LA PERIZIA
Nel giugno dell'anno scorso erano finiti già alla sbarra Alessandro Banzato, presidente del consiglio di amministrazione della società e il dirigente dello stabilimento Giorgio Zuccaro, titolare della delega in materia di sicurezza. Quindi Vito Nicola Plasmati, legale rappresentante della Hayama Tech, con sede a Fagagna (Udine), la ditta incaricata della manutenzione degli impianti nello stabilimento di Camin di cui erano dipendenti i due operai deceduti. Poi i due amministratori della Danieli Officine Meccaniche spa di Buttrio (Udine), l'azienda che ha fornito nel 2014 alle Acciaierie Venete la traversa di sollevamento della siviera, Gianpietro Benedetti e Giacomo Mareschi Danieli. Infine Dario Fabbro, responsabile della sede bresciana della Danieli, la società che avrebbe rilasciato il certificato di conformità del prodotto alle norme europee.
A questi, dunque, ora si aggiungono Nicola Santangelo, già presidente del consiglio di amministrazione di Danieli Centro Cranes spa, fino al 12 giugno 2015, difeso dall'avvocato Maurizio Miculan, e Giancarlo Tonoli, consigliere di Danieli con delega all'esecuzione dei collaudi fino al giugno 2015, difeso dall'avvocato Emanuele Fragasso.
I FATTI
Era domenica 13 maggio del 2018, intorno alle sette del mattino, quando una siviera - ovvero un enorme calderone sospeso, carica di acciaio fuso per circa 90 tonnellate, con una temperatura di 1.600 gradi, è caduta a terra. Il contenuto ha travolto come una bomba di fuoco quattro operai che stavano lavorando all'interno di un capannone delle Acciaierie Venete.
Sergiu Todita, 39 anni, sposato e con una figlia all'epoca di 14 anni, è morto dopo un mese dall'incidente all'ospedale di Cesena per le ustioni riportate su tutto il corpo. Il suo amico Marian Bratu, 44 anni, è sopravvissuto sette mesi in più ed è deceduto il pomeriggio di Santo Stefano nel suo letto di ospedale nel Centro Grandi Ustionati di Padova. Gli altri due feriti, invece, rimediarono una prognosi di oltre 300 e di oltre quaranta giorni per le ustioni riportate soprattutto sulle gambe.
Il più grave era David Di Natale, l'operaio 45enne di origini siciliane, residente a Santa Maria di Sala, rimasto ustionato sul 70% del corpo e guarito dopo trecento giorni di malattia. Lavorava alle dipendenze di Hayama Teac Service Srl, la ditta udinese incaricata della manutenzione degli impianti nello stabilimento di Camin.
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