Tre anni dopo Vaia avviati 2.221 cantieri, 360 ancora in coda

Giovedì 28 Ottobre 2021 di Davide Piol
Tre anni dopo Vaia avviati 2.221 cantieri, 360 ancora in coda

BELLUNO - «La situazione era così compromessa, tra paesi isolati rimasti senza corrente e senz'acqua e strade invase dalle frane, che era come avere migliaia di persone nude esposte al rischio senza alcuna difesa».

A ripercorrere la tragedia di quei giorni di fine ottobre 2018, quando la tempesta Vaia si abbatté con violenza sul Veneto (e in particolare sul Bellunese) causando circa 1 miliardo e mezzo di danni, è l'assessore regionale Gianpaolo Bottacin, chiamato a gestire l'unità di crisi della Regione. Sono trascorsi tre anni da quelle ore di tensione e paura. Eppure, nella mente di chi ha vissuto l'incubo Vaia, tutto è ancora nitido: il crollo di uffici e case, il Piave a rischio esondazione, le frane, le strade e le linee ferroviarie chiuse e i 14 milioni di alberi schiantati al suolo come piccoli stuzzicadenti.


CORSA CONTRO IL TEMPO

Nell'immaginario collettivo sono rimaste le immagini dei boschi devastati dalla tempesta. Ma Bottacin spiega che quello è stato l'ultimo dei problemi: «In quel momento racconta avevamo frazioni isolate, senza corrente elettrica e senza comunicazione, acquedotti devastati, viabilità compromessa, opere di difesa del suolo distrutte. Eravamo in una situazione in cui la sicurezza per l'incolumità umana era notevolmente compromessa». La preoccupazione principale era legata alla sistemazione di quanto distrutto dall'acqua. «Ha piovuto più che nell'alluvione del '66 continua Bottacin Ricordo ancora che martedì mattina l'allora direttore generale dell'Ulss Dolomiti, Rasi Caldogno, mi chiamò dicendo che stava per finire il gasolio del gruppo elettrogeno dell'ospedale di Agordo e il paese era irraggiungibile».


LE VITTIME

Solo in provincia di Belluno ci furono tre morti in tre giorni: il 49enne padovano Sandro Pompolani rimase schiacciato da un platano mentre guidava lungo via Culiada a Feltre; Ennio Piccolin, 61enne di Falcade, scivolò nelle acque del torrente Focobon e fu trovato senza vita un chilometro più a valle; Valeria Lorenzini, 82enne di Selva di Cadore, venne travolta da un albero nel bosco. In totale, si registrarono 200 sfollati e 2mila persone senza luce né acqua. Il comune più colpito fu Rocca Pietore con la distruzione quasi totale dei Serrai di Sottoguda. Era evidente a tutti che la parte più difficile sarebbe cominciata dopo, nel momento della ricostruzione. In tre anni, in Veneto, sono stati avviati 2.221 cantieri per quasi 700 milioni di euro.


LA MAPPA

Bottacin confida che ne «dovrebbero partire altri 360, pari a circa 270 milioni di euro» e che il 60% delle opere si trova a Belluno. «Vaia continua l'assessore regionale ci ha insegnato che purtroppo questi fenomeni sono sempre più frequenti e che bisogna essere pronti ad affrontarli. Negli ultimi 30 anni in Veneto c'è stato un aumento della temperatura media di un grado e mezzo. I tempi per invertire il cambiamento climatico, ancorché si riesca a farlo, saranno lunghi e nel frattempo bisogna convivere con queste situazioni».


QUESTIONE DI PRIORITÀ

Ma ha insegnato anche che «le opere di difesa del suolo vanno fatte, senza se e senza ma, perché l'incolumità umana deve venire prima di tutto il resto». Sul futuro, pochi dubbi. Potrebbe ricapitare una catastrofe come quella di Vaia? «Sì, anche se noi speriamo di no sottolinea Bottacin Abbiamo rischiato che il Piave esondasse due volte in due anni. La prima nel 2018, la seconda a metà novembre del 2019. Tra il 5 e il 6 dicembre 2020 abbiamo registrato precipitazioni piovose maggiori del '66 ma minori di Vaia». Insomma, i fenomeni di questo tipo si stanno intensificando ma al tempo stesso il territorio reagisce meglio rispetto agli anni passati. «Questo conclude Bottacin è dovuto al fatto che, al di là dei luoghi comuni, di opere ne facciamo molte. Oltre ai fondi Vaia, negli ultimi 6 anni abbiamo messo oltre 1 miliardo di euro. Si è agito in termini di prevenzione e previsione. Se piove di più rispetto a eventi che hanno creato disastri e ci sono meno danni vuol dire che le opere sono efficaci. Abbiamo un piano che vale 3 miliardi e mezzo. Manca ancora molto ma quello che stiamo facendo ha dimostrato i suoi effetti positivi».

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