BELLUNO - Quattro mesi fa Belluno era la provincia migliore del Veneto, ora è una di quelle che vaccinano meno, ben al di sotto della media regionale.
IL CONFRONTO
Che fra le Dolomiti le cose non stiano andando al meglio, tanto che vengono lanciate iniziative come le vaccinazioni di sera, che cominceranno giovedì prossimo lo si capisce dal paragone con gli altri territori. Se prendiamo Padova, la migliore a luglio, è facile vedere come il numero di vaccinazioni settimanali (escluse quelle all’Istituto oncologico veneto) sia letteralmente raddoppiato rispetto a marzo-aprile: si passa da circa 3.500 iniezioni per centomila abitanti a 7.000. Nello stesso periodo Belluno è passato da 5.600 a 5.300. E non è un problema di numero di residenti: chiaramente Padova è molto più grande, ma il grafico è omogeneo perché rappresenta i dati ogni centomila persone. Una provincia poco più popolosa di Belluno, ossia Rovigo, è passata dai 4600 di fine marzo ai 6600 di fine aprile. Nel mese scorso sono calate in modo abbastanza consistente Venezia e Vicenza, ma anche loro hanno un saldo positivo se si paragonano i dati della settimana scorsa a quelli di quattro mesi fa.
LA DIMOSTRAZIONE
La prova che a Belluno qualcosa si è inceppato sta anche nella media regionale: provate a seguire la linea che rappresenta il Veneto e scoprirete che, da fine marzo ad oggi, è passato da una media di 3.750 dosi di vaccino ogni centomila abitanti a 5730. Il Veneto è aumentato di duemila dosi mentre Belluno, con gli stessi parametri, è calata di 300: la nostra provincia è l’unica che in questi quattro mesi ha avuto una flessione. E che si tratti di un problema recente è dimostrato anche dal fatto che, se si considerano i dati dall’inizio della vaccinazione, a fine dicembre 2020, ad oggi (il grafico rappresenta soltanto gli ultimi quattro mesi), Belluno fa meglio di province come Treviso, Padova e Verona: la prova che il “blocco” è avvenuto di recente.
SPIEGAZIONI
Che Belluno, in totale, abbia vaccinato più di altre Ulss della regione potrebbe paradossalmente costituire una delle possibili spiegazioni del rallentamento di questi ultimi mesi. È noto, infatti, che le persone che restano da vaccinare ora sono i più giovani e quelle di fasce di età più anziane che non si sono presentate agli appuntamenti: non soltanto no vax convinti (quelli sono una minoranza) ma soprattutto persone confuse da una campagna vaccinale che non è stata organizzata al meglio a livello di comunicazione. Se c’è voluto poco per portare davanti al medico chi era convinto di volersi vaccinare, ci vuole più tempo per persuadere chi ha ancora qualche dubbio. Tutto questo, ovviamente, si traduce in un rallentamento, che Belluno ha subito prima perché era più avanti di altre province venete. A questo, naturalmente, va aggiunta anche la difficoltà del territorio: arrivare a casa di qualcuno in pianura è molto più facile e veloce che in montagna. E questo è un altro fattore importante nella valutazione delle fredde cifre di un grafico. L’importante è non considerare tutto questo come un alibi e aumentare gli sforzi per raggiungere chi non ha ancora ricevuto neppure una dose. Perché la lotta alla pandemia passa anche attraverso la velocità di vaccinazione.