Turisti cafoni che distruggono le montagne: «Quei ragazzini al rifugio con il trolley...»

Mercoledì 22 Agosto 2018 di Daniela De Donà
Turisti cafoni che distruggono le montagne: «Quei ragazzini al rifugio con il trolley...»
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BELLUNO - Da cartacce e lattine di birra nascoste sotto al pino mugo fino ai diciotto materassini da mare abbandonati sulle sponde del laghetto del Sorapiss e recuperati dai gestori del rifugio a fine stagione. Il turismo in quota vive un crescendo di episodi che vanno dal ridicolo al becero, dal volgare all' insolente. «Ad aprire la diga sono stati i social network, per cui arrivano nei posti più belli delle Dolomiti delle persone che non sanno neppure bene dove sono». Apre le braccia Marcella Morandini, direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco, di fronte a «una situazione che deve andare guidata». Difficile anche per lei, peraltro, indicare la via: «Servirà usare  bastone e carota». Il problema di fondo, a detta di Morandini, sta non tanto nel dosaggio dei flussi, ma nella loro gestione: «La gente si concentra in luoghi iconici, vede le foto su internet o su facebook e vuole andare proprio là».
Tutti, quindi, intorno alla Tre Cime di Lavaredo. Facile salire, in infradito, anche al laghetto del Coldai, sulla Civetta. O affrontare il meno banale sentiero che porta al gioiello d'acqua del Sorapiss. Ma un selfie vale la fatica. 

COME IN CITTÀ
«Occorre educare chi non ha mai frequentato la montagna, e non so fino a che punto i divieti abbiano effettivo riscontro». Morandini non si vuole scoraggiare e crede che un rimedio si possa trovare. Intanto, però, cita un fatto da far accapponare la pelle. Ne è stata testimone in uno dei 66 rifugi che si trovano dentro i confini dei nove gruppi dolomitici dell'arcipelago fossile (e di cui non vuole fare il nome): «Arriva una classe elementare in gita scolastica, con le maestre accompagnatrici. Ogni ragazzino trascina il proprio trolley che si è fatto portare su con la teleferica. Il trolley, la teleferica! Mentre la prima cosa da insegnare ad un bambino, se si va in montagna, è a farsi lo zaino. Questa è la base del problema: la mancanza di consapevolezza».

IL MARCHIO
Il marchio Unesco nel 2019 compirà 10 anni: «Ma è da quattro anni che si rileva un vero boom di visitatori è l'analisi della direttrice della Fondazione perché ci sono voluti anni di rodaggio, anche a livello gestionale. Inoltre il riconoscimento Unesco non è di per sé garanzia di incremento, ciò che conta è quello che si fa».

A livello di divulgazione, l'onda lunga intorno alla bellezza delle rocce che al tramonto impallidiscono sui toni del rosa e del viola è arrivata dopo il 2014: «Grazie alla mappatura dei percorsi di Google». Un botto che ha portato il sito delle Dolomiti ad essere il secondo più visitato al mondo, dopo quello del Gran Canyon, all'interno del parco nazionale d'Arizona. Ad essere cambiati completamente, nell'ultimo decennio, sono sia la quantità che la qualità dei frequentatori della montagna: «Le stime, dal 2014 in poi, con il tam tam mediatico, mostrano che seppur a macchia di leopardo si sta assistendo mediamente al 10%-12% di presenze in più».

E il profilo dei turisti è mutato: non solo, come negli anni Settanta-Ottanta, ecco i tedeschi a salutare, nell'incontro sul sentiero, con berg heil o gli austriaci a indicare con orgoglio la stella alpina dell' Alpenverein (il loro Club alpino ndr.) sul berretto di lana. «Si assiste all'internazionalità del turismo è sempre Marcella Morandini a fare l'analisi - ora giungono da molto più lontano per ammirare le pareti dolomitiche che hanno visto in internet.

Partono apposta da Corea, Nuova Zelanda, Giappone, Sudamerica. Sono persone decise, prenotano e non disdicono la prenotazione come fa l'italiano che apre la finestra, guarda il cielo e, se non è tutto sereno, cambia idea e dice non vado».

Ultimo aggiornamento: 23 Agosto, 10:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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