Quei tronchi ammassati nella diga del Comelico: un pericolo

Martedì 13 Novembre 2018 di Yvonne Toscani
Quei tronchi ammassati nella diga del Comelico: un pericolo

SANTO STEFANO - La quantità enorme di tronchi, ammassati presso la diga e nel lago del Comelico, a fianco dell'ex tracciato della strada statale 52 Carnica, costituisce un pericolo.
 

 

Non lo è tanto per il peso, poiché la costruzione, realizzata tra i mesi di luglio ed ottobre del 1931, con 30 milioni di metri cubi di calcestruzzo, ad alta resistenza, dovrebbe resistere alla pressione dell'ingente volume di legname. Tanto che su questo gli esperti non nutrono alcun dubbio. A preoccupare è piuttosto la difficoltà di togliere tutti quei tronchi dal budello fra la gola serrata dei monti. Come spiega Gianvittorio Lucaora la diga è strutturata in modo diverso rispetto alla quasi totalità degli altri impianti bellunesi. «In questo caso afferma l'ex assessore di Fonzaso, che tra il 1981 e il 1986 lavorò per l'Enel proprio in quel punto del Piave vi è una differenza enorme: solitamente gli sfiori per l'acqua non utilizzata sono posti lateralmente o lungo il coronamento. Invece per la diga del Comelico essi sono posizionati come dei bicchieri veri e propri, al centro del lago. La struttura di questi sfiori impedisce che i tronchi possano defluire». Insomma: gli alberi non possono passare attraverso quelle aperture. Non solo: i tronchi non ripuliti intaserebbero, con le loro ramaglie, le vie di fuga idrica.
«È un problema aggiunge Gianvittorio Lucaora che va risolto in breve tempo.
Le piante vanno asportate». Difficile ipotizzare le modalità con cui questo lavoro, che si preannuncia di lunga durata, si possa concretizzare. Potrebbe, per esempio, essere necessario uno svaso straordinario, per rispondere sia a criteri ambientali sia a principi di sicurezza ed efficienza dell'impianto stesso. La fase successiva potrebbe consistere proprio nella rimozione dei tronchi e della ramaglia tramite una ditta specializzata. Ottantasette anni fa si evitò di ricorrere alle opere di scarico lungo la diga per non indebolirla. Così si ricorse a sfioratori in cemento armato formati da una serie di pozzi a bicchiere, disposti in due gruppi. Quello più a monte è formato da otto bicchieri ellittici, aventi la bocca da sei a tre metri; quello a valle comprende altri quattro bicchieri, di cui tre identici ai precedenti ed uno rettangolare. In questi giorni le immagini, riprese dai vigili del fuoco, dai tecnici e dai cittadini, fotografano la gola completamente ricoperta da alberi, rami, fango e detriti: materiale che la violenta forza dell'acqua del Piave ha raccolto, anche da tutti gli affluenti, ed ammucchiato nei pressi della diga durante i giorni del maltempo in una delle tante foto che, simbolo dell'alluvione, hanno fatto il giro di tutto il mondo, suscitando l'interesse dei media internazionali.

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