In guerra si va con i vagoni della ferrovia portatile

Mercoledì 2 Dicembre 2020 di Alessandro Marzo Magno
In guerra si va con i vagoni della ferrovia portatile
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Le chiamavano «ferrovie portatili» e servivano per creare un collegamento in velocità e con (relativamente) poca spesa; naturalmente il grosso del loro impiego dalle nostre parti è stato durante la Prima guerra mondiale. Sia gli italiani, sia gli austroungarici utilizzavano largamente questo sistema per portare al fronte rifornimenti e soldati. Un’eredità di queste linee a scartamento ridotto era la Ferrovia delle Dolomiti, la Calalzo-Cortina-Dobbiaco che ha cessato l’attività tra Cortina e Dobbiaco nel marzo 1962 e tra Calalzo e Cortina nel 1964. La rete, comunque, era ben più ampia. Sta ricostruendo la storia di questo dimenticato metodo per spostarsi Mauro Bottegal, 52 anni, di Pedavena, ora impiegato delle Poste, ma fino a poco più di un anno fa educatore in un centro disabili. Ha scritto il libro “Ferrovie portatili della prima guera mondiale” (per ordinarlo: ptgg1418@gmail.com). Si chiamavano “portatili” perché queste ferrovie lo erano davvero, si trattava di elementi prefabbricati metallici che venivano posati direttamente sul terreno, spesso accanto, o addirittura sopra, le strade carrozzabili, oppure sopra le ferrovie ordinarie danneggiate dai combattimenti. I tratti di rotaie erano costruiti già completi, con binari e traversine, di metallo pure quelle, e non occorrevano lavori di sbancamento né di posa della massicciata.
ROTAIE FAI DA TE
Il tutto risultava facile e di veloce esecuzione. Lo scartamento era ridotto: 60 centimetri le linee italiane, 70 le austriache (lo scartamento ordinario è di 1,4 metri). Anche le locomotive – ovviamente a vapore – e le carrozze erano più piccole, e quindi meno costose, del materiale tradizionale. Il sistema era stato messo a punto da un ingegnere e agricoltore francese, Paul Decauville, che aveva il problema di spostare in fretta le barbabietole da zucchero appena raccolte, senza correre il rischio che cominciassero a fermentare. Aveva quindi poggiato sui campi piccoli binari di legno sui quali si muovevano vagoncini trainati da animali. Lo scorrimento su rotaie permetteva ai vagoncini di muoversi più rapidamente rispetto ai tradizionali carri agricoli. Ha poi sostituito il legno con il metallo, e i buoi con piccole locomotive a vapore. Attorno al 1880 ha aperto una fabbrica e cominciato a vendere questi impianti che hanno pure preso il suo nome, infatti le ferrovie portatili sono chiamate anche ferrovie Decauville.
TRAINO E TRASPORTO
«A fine Ottocento», osserva Bottegal, «non esistevano camion, e le ferrovie portatili costituivano la soluzione migliore per trasportare materiali in zone dove non c’erano strade, l’alternativa erano i carri con i buoi». Quindi, nel 1914 nel resto d’Europa, e nel 1915 in Italia, scoppia la Prima guerra mondiale. «Si pensava che sarebbe durata pochi mesi», sottolinea Bottegal, «invece è diventata lunga, statica, e si combatteva su terreni spesso privi di strade e ferrovie. Si producevano cannoni grandi e pesanti che dovevano essere riforniti di proietti a loro volta grandi e pesanti». Prima di Caporetto (fine ottobre 1917) l’Italia ha costruito un’estesa rete ferroviaria tra Udine e Monfalcone, dopo l’occupazione del Veneto orientale, gli austriaci creano una nuova rete tra Portogruaro e Motta di Livenza, e nella zona di Susegana e Pieve di Soligo. L’Austria utilizzava, come detto, uno scartamento diverso da quello italiano, e aveva anche sperimentato una serie di soluzione tecnologiche diverse. 
TRA CORTINA E GLI ASBURGO
Per esempio, aveva messo a punto treni con tutte le carrozze motorizzate: la locomotiva aveva un motore a benzina collegato a un generatore elettrico e ogni vagone era dotato di un proprio motore elettrico; questo consentiva di superare pendenze più ripide. In Slovenia gli asburgici utilizzavano anche una locomotiva a batteria che si muoveva grazie a un cavo elettrico aereo, un sistema ricalcato su quello dei tram urbani. Gli austriaci soffrivano di scarsità di animali e di foraggio e per questo motivo cercavano diverse soluzioni. Particolarmente interessante è la situazione di Cortina che gli italiani occupano subito all’indomani dell’entrata in guerra, il 24 maggio 1915. Il Regio esercito posa una ferrovia a scartamento di 75 centimetri tra Peajo e Zuel: quindi si andava con la ferrovia ordinaria fino a Perarolo, da lì con teleferica e Peajo, dopo il tratto di ferrovia portatile, da Zuel di nuovo con la teleferica si giungeva a passo Giau. 
LA FERROVIA ALPINA
Gli austriaci avevano allestito una linea da Dobbiaco a Cortina che all’indomani di Caporetto e del loro ritorno a Cortina, fanno avanzare fino a Calalzo modificando il binario italiano in modo da portare lo scartamento a 70 centimetri e renderlo compatibile con il loro. Nel 1915 gli italiani avevano allestito una linea da Feltre a Fonzaso e dopo il 1917 gli austriaci l’avevano allungata fino a Fastro di Arsiè, da dove arrivavano al Monte Grappa con un sistema di teleferiche. Gli ultimi binari di questa linea bellica sono stati tolti un paio di mesi fa, durante i lavori alla stazione di Feltre. Sempre gli austriaci, in vista della battaglia del Solstizio, nel giugno 1918, avevano steso una rete di ferrovie portatili nella pianura per collegare il fronte del Piave alla linea Venezia-Trieste che era stata ripristinata facendola percorrere da treni benzoelettrici e da camion adattati per andare sui binari. Questo perché i ponti, fatti saltare dagli italiani in ritirata, erano stati ricostruiti, ma non potevano sopportare il peso di un normale convoglio ferroviario.
FERMATA JESOLO
All’indomani di Caporetto gli italiani avevano posato una linea tra Cavallino, Punta Sabbioni e Jesolo per rifornire le batterie di artiglieria costiera.

Gli italiani utilizzavano locomotive americane, mentre i francesi avevano messo a punto una locomotiva con la cabina al centro e due caldaie, una per parte, in modo che si potesse cambiare direzione celermente. Sempre gli italiani avevano costruito una ferrovia tra Cividale e Caporetto che è rimasta in funzione fino agli anni Trenta, che si collegava alla Udine-Cividale, costruita nel 1886 e tuttora in esercizio. Di tutto questo enorme sforzo non rimane quasi nulla. «Fino agli anni Ottanta/Novanta», dice Mauro Bottegal, «c’erano due locomotive austriache parcheggiate vicino a Roma. Ora una è andata dispersa, l’altra funziona, pesantemente modificata, in un parco divertimenti del Belgio. Non c’è niente neanche nei musei ferroviari. Non ha nulla a che vedere con le linee belliche, ma nelle saline di Cervia c’è una piccola ferrovia montata sugli argini per poter trasportare il sale». Il mondo di ieri andava sulle ferrovie portatili.

Ultimo aggiornamento: 14:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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