Tetraplegico dopo un intervento la diagnosi in ritardo "sbanca" l'Usl

Venerdì 29 Giugno 2018 di Angela Pederiva
Un uomo tetraplegico
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ALPAGO - Diventato tetraplegico a causa di un ritardo nella diagnosi di un’ernia cervicale, un ingegnere di un piccolo centro dell’Alpago aveva fatto causa all’Ulss di Belluno.

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Ma dopo che il Tribunale aveva riconosciuto a lui e alla sua famiglia un risarcimento di circa 500.000 euro e che la Corte d’Appello aveva aumentato l’indennizzo portandolo intorno a 1 milione, ora la Cassazione ha deciso che il grave caso di malasanità merita un riconoscimento ancora maggiore.  Assistito dall’avvocato Alessandra Gracis, infatti, l’ormai ex professionista ha ottenuto che la quantificazione dei danni subiti avvenga non più secondo le datate tabelle del distretto giudiziario di Venezia, bensì sulla base di quelle più aggiornate in uso a Milano.
I FATTI
La vicenda comincia il 4 settembre 2001. Verso le 14.45 l’allora cinquantenne viene trasportato d’urgenza dall’ambulatorio del suo medico di base all’ospedale San Martino con un’emiparesi che gli impedisce di camminare, seguita a un dolore alla spalla esploso ancora alla fine di luglio e trattato inutilmente con antinfiammatori. Dopo cinque ore di attesa, l’uomo viene ricoverato in Medicina Generale e sottoposto a vari accertamenti. L’indomani la situazione non migliora e i nuovi approfondimenti evidenziano una plegia destra e una paresi sinistra agli arti inferiori. Solo alle 18 viene effettuata la risonanza magnetica che svela una protrusione discale. Un’ora più tardi i sanitari decidono di inviare il paziente a Verona per sottoporlo ad una visita neurologica urgente, che alle 23 permette di scoprire una paraplegia agli arti superiori. La mattina seguente il degente viene sottoposto ad un delicato intervento chirurgico per l’asportazione dell’ernia, a cui non fa purtroppo seguito il recupero funzionale di gambe e braccia, tanto che l’ingegnere riporta un danno biologico permanente del 90%, con un’invalidità civile del 100%.
I PROCESSI
Sia a Belluno che a Venezia l’azienda sanitaria viene condannata per la «condotta di malpractice medico-chirurgica», ma i risarcimenti complessivi all’uomo, alla moglie e alle figlie non superano il milione.

Ed anzi la richiesta dell’avvocato Gracis di seguire i criteri lombardi anziché quelli veneti viene definita dai giudici di Appello «fuori luogo» in quanto espressione di «una sorta di spirale rivendicativa per agganciarsi all’ultimo aggiornamento della tabella più favorevole». Una tesi ribaltata dalla Suprema Corte, che accogliendo oltre metà dei motivi di impugnazione, ha disposto il rinvio del caso in laguna per una revisione dell’importo al rialzo, in quanto «conforme alle tabelle del Tribunale di Milano più aggiornate al momento della decisione». Inoltre la Cassazione ha ordinato che la nuova valutazione tenga conto, come chiesto dalla difesa della vittima, anche «dei danni morali intesi come patemi d’animo conseguenti alla lesione gravissima del bene della salute e della dignità personale».

Ultimo aggiornamento: 08:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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