Tavoli da picnic sotto la croce della foiba e degrado ovunque

Domenica 28 Aprile 2019 di Lauredana Marsiglia
Tavoli da picnic sotto la croce della foiba e degrado ovunque

Un tavolo da picnic posto a pochi metri dalla croce che si erige ai bordi della foiba del Bus de la Lum, diventa suo malgrado il simbolo del mancato rispetto per il luoghi sacri della storia. L'area è diventata meta consolidata di turisti con pranzo al sacco, da consumare con vista sull'inghiottitoio carsico in fondo al quale la Resistenza avrebbe gettato soldati tedeschi, militanti della Repubblica di Salò e anche civili. La mancanza di rispetto, o forse solo di conoscenza delle proprie radici, è venuta a galla qualche anno fa quando, un gruppo di speleologi sceso nella foiba portò in superficie residui di allegre scampagnate: bottiglie, lattine, borse di nylon, cartacce.
Dal palco del 25 aprile, giorno della Liberazione dal nazifascismo, Luca Zaia, governatore del Veneto, ha voluto dire basta ad un consumo frivolo di un'area che merita rispetto, lanciando l'idea di renderla monumentale. Non incolpa i cittadini, ma cita la teoria criminologica delle finestre rotte, ovvero del degrado che chiama degrado. Ecco perché è necessario intervenire. «Sia ben chiaro - spiega il governatore allontanando subito possibili declinazioni nostalgiche - che non sarà un amarcord. L'idea è di creare un percorso di pacificazione della storia dentro alla quale dare la stessa dignità a tutti i morti. Penso ad un percorso che vada dal Bus de la Lum al Monumento dei partigiani e dal Monumento ai partigiani al Bus de la Lum. Un progetto che rimetta insieme la storia e diventi un luogo di conoscenza e riflessione anche per le scuole e per le famiglie. I visitatori potrebbero essere accompagnati da una guida, ovviamente capace di raccontare gli eventi senza retaggi tra resistenza e contro-resistenza. Come Regione siamo pronti ad investire in questo progetto, anche se il Bus de la Lum si trova in Comune di Caneva, nel Pordenonese. Si tratta comunque di un lembo di terra incuneato nel Veneto».
Zaia include la foiba nel patrimonio quasi genetico dei veneti: «Da bambino - afferma - chi di noi non è stato portato dai genitori fin lassù?». Ma non scorda nemmeno che dei 54mila partigiani morti ben 6600 erano in Veneto, con il Cansiglio tra le aree più calde della guerra di Liberazione.
Sull'altro versante, quello del Friuli Venezia Giulia, il sindaco di Caneva, Andrea Gava, si dice pronto a collaborare: «Ho già parlato con Zaia - spiega l'amministratore, rendendosi subito disponibile anche a rimuovere il tavolino - e nei prossimi giorni ci vederemo per avviare un'idea di progettazione. La Regione Veneto si è detta pronta a finanziare l'intervento. Condivido in pieno l'idea, anche nell'ottica di riappacificazione. Credo che questo 25 aprile sia stato davvero uno dei peggiori. La storia non va certo cancellata, ma non si può continuare ad usarla per fare politica. È tempo di guardare oltre. Resto comunque dell'avviso che quel posto sia frequentato soprattutto per le bellezze naturalistiche e molto meno per l'aspetto storico».
IN GITA
La sensazione di Gava non è del tutto sbagliata. Al Bus de la Lum, ieri, tra uno sparuto gruppo di turisti, c'era Giuseppe Rampazzo, di Padova, armato di macchina fotografica: «È la prima volta che vengo qui. Ho scelto il Cansiglio incuriosito dalla presenza dei lupi. Non sapevo nulla di questa foiba, ho visto il cartello e sono salito. Sono rimasto un po' deluso perché non si vede molto». Informato del fatto che molti fanno il picnic sul tavolino a ridosso della foiba, Rampazzo è chiaro: «Beh, io di certo non lo farei, mi fermerei più a valle. Ma è chiaro che se metti un tavolino con le sedie in molti si sentiranno autorizzati ad usarlo».
Nel frattempo, al parcheggio, prima della salita per la foiba, qualcuno ha scelto di improvvisare uno spuntino.
IL SACERDOTE
A riappacificare gli animi sul Cansiglio, dove la Resistenza fu molto attiva, ci aveva provato anche don Corinno Mares, parroco di Tambre, scomparso nel 2006. Fu sua l'idea di far erigere quella croce alta tre metri e mezzo, del peso di oltre due quintali. Era il 29 agosto del 1987 quando fu impartita al benedizione a quel calvario in ferro, celebrando la prima messa in memoria degli infoibati. L'idea di don Corinno, non certo collocabile tra i nostalgici della Rsi, era quella di farne un luogo di preghiera dove «ascoltare il silenzio dei morti».
Per il pievano le vittime dei partigiani meritavano lo stesso rispetto di quelle dei nazi-fascisti. L'intento ecumenico di mettere tutti i morti sulla stesso piano fallì qualche anno dopo. Nel 1992 don Corinno si arrese, perché l'annuale appuntamento al Bus de la Lum assunse tutti i connotati di un raduno fascista, con tanto di inni e saluto romano, fomentando ancora di più gli animi nelle associazioni partigiane. Quello che doveva essere un gesto di fede e pietà, finì nel tritacarne di uno scontro politico che il tempo sembra alimentare anziché sedare.
Lauredana Marsiglia
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Ultimo aggiornamento: 09:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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