PONTE NELLE ALPI - Trent'anni di differenza e una relazione arrivata al capolinea. Anzi, in tribunale. Sarebbe stato il suo toy boy a minacciarla, insultarla e picchiarla per un anno. Da qui la decisione di lasciarlo e denunciarlo alle forze dell'ordine. È quanto ha raccontato ieri mattina, al giudice, una donna di 57 anni che vive a Ponte nelle Alpi e che non si è costituita parte civile. Dall'altra parte, sul banco degli imputati, c'è il suo ex: Munir Ramadani, 28enne kosovaro difeso dall'avvocato Pierangelo Conte e imputato di maltrattamenti e lesioni personali aggravate.
IL RACCONTO DELLA DONNA
Stando a quanto raccolto dalla pubblica accusa le scenate di gelosia da parte dell'imputato erano all'ordine del giorno, così come gli insulti.
LE AGGRESSIONI
Al tempo stesso, però, scoppiava in scenate di gelosia improvvise costringendo la donna a cambiare le sue abitudini. Capitava, infatti, che lei si mettesse sul terrazzo di casa a prendere il sole in costume da bagno. Fatto che faceva andare fuori di testa l'imputato tanto da indurla a evitare di uscire in quel modo. Altre volte la rimproverava se si accorgeva che stava scrivendo messaggi ad altri uomini. Pur di non subire aggressioni verbali e fisiche da parte del giovane, la donna spegneva il cellulare. In un'occasione, il 9 febbraio 2019, sarebbe arrivato a colpirla con schiaffi, a strattonarla e a trascinarla per i capelli tanto da costringerla poi a farsi medicare in ospedale.
UDIENZA RINVIATA
Insomma, una situazione al limite in cui si sentiva sopraffatta dal 28enne. I maltrattamenti sarebbero durati da maggio 2018 a settembre 2019 ma c'è un altro episodio che avrebbe aggravato ancora di più la situazione. Il 6 settembre 2019 Munir Ramadani l'avrebbe picchiata di nuovo, aggredendola con spintoni, schiaffi, tirate di capelli, strattoni. Quando la donna aveva raggiunto l'ospedale di Belluno presentava lividi al volto e al collo che sono stati dichiarati guaribili in cinque giorni. L'udienza di ieri mattina è stata rinviata dal giudice al 19 maggio per sentire i vicini di casa. La tesi difensiva è che i fatti si siano svolti in modo diverso e che i maltrattamenti e gli insulti fossero reciproci (tanto che una volta la donna avrebbe rotto il naso all'imputato). Spetterà al giudice districarsi tra la verità e la menzogna.