Samantha in stato vegetativo da quasi un anno, per la Procura si può staccare la spina

Mercoledì 27 Ottobre 2021 di Davide Piol
Parere favorevole della procura sul caso Samantha: si può staccare la spina

FELTRE - Potrebbe essere tagliato tra qualche giorno il filo sottile che tiene in vita Samantha D’Incà. La 30enne feltrina, in stato vegetativo da quasi un anno, non avrebbe prospettive di miglioramento e il procuratore di Belluno Paolo Luca, chiamato a dare un parere sulla questione, si è detto favorevole «all’interruzione delle pratiche di mantenimento in vita nel momento in cui i medici diranno che non ci sono elementi ostativi». Il parere tecnico del Comitato etico dell’Ulss Dolomiti è già stato depositato nella scorsa udienza.

I medici hanno spiegato che «si può staccare la spina. Nelle condizioni in cui versa, il nostro parere è quello di non proseguire con l’accanimento terapeutico». 


L’ITER
Tra le richieste della famiglia c’era anche quella di nominare il padre come amministratore di sostegno, per poter accompagnare la figlia in quella che era la sua volontà se si fosse trovata in situazioni di questo tipo, ma l’uomo è stato considerato troppo coinvolto nella vicenda e il pubblico ministero si è opposto. Ora si attende la decisione del giudice in merito allo spegnimento o meno delle macchine che tengono in vita Samantha. 

LE VOLONTÀ
A rendere la questione ancora più complicata è la mancanza di una legge specifica in materia di eutanasia. Tutto, o quasi, ruota intorno all’articolo 4 della legge del 22 dicembre 2017, quella sulla cosiddetta dat (disposizione anticipate di trattamento, ndr), una sorta di testamento biologico nel quale esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari. In mancanza di un’indicazione chiara, come nel caso di Samantha che prima dell’incidente aveva espresso le sue volontà contro l’accanimento terapeutico solo oralmente, entra in gioco il giudice tutelare che tramite familiari, Procura e Ulss deve essere in grado di operare la scelta migliore. Ossia più vicina possibile alla volontà del paziente. Necessario, a tal riguardo, allontanare le opinioni personali. 

DIGNITÀ DI VITA
È da uomo, e non da magistrato, che il procuratore di Belluno Paolo Luca dice: «Nella situazione in cui versa Samantha D’Incà, se davvero il futuro non dovesse riservarle alcun margine di miglioramento, io non vorrei continuare a vivere». «Personalmente – continua il pm – ritengo che la vita, per essere tale, debba prevedere l’interazione. Vivere con dignità non significa vegetare, e se non fossi in grado in alcun modo di relazionarmi con chi mi sta intorno, preferirei l’eutanasia». Questo il pensiero personale. «Tuttavia – specifica Luca – nel momento in cui si esercita l’ufficio pubblico, le convinzioni devono essere compatibili con il dettato della normativa. Motivo per cui, a suo tempo, avevamo deciso di soprassedere perché c’era la possibilità di un miglioramento suggerita da un luminare tedesco. Previsione però non realizzata». 



LA STORIA
A seguito di una banale caduta nel novembre 2020, Samantha si frattura il femore. Viene operata all’ospedale di Belluno e da lì inizia un calvario che, dal 4 dicembre 2020, la porta in coma vegetativo irreversibile. Da quel momento, la famiglia inizia una lunga battaglia burocratica, giudiziaria e mediatica per rispettare le volontà della figlia: nessun accanimento terapeutico. Ora quasi incredula, dopo un altro parere positive a staccare la spina, mamma Genzianella afferma: «Speriamo che il tribunale ci dia la possibilità di dare finalmente la pace a nostra figlia. Io le sarò vicino fino all’ultimo respiro, tenendole la mano». La 30enne da mesi sta vivendo un’odissea tra l’ospedale di Feltre, un passaggio alla clinica di Vipiteno, fino a una struttura a Belluno dove è stesa in un letto in posizione fetale e viene alimentata e idratata artificialmente. 

Ultimo aggiornamento: 23:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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