Safilo, ennesima fumata nera: «Nessuna tutela, un altro incontro inutile»

Venerdì 9 Giugno 2023 di Giovanni Santin
una manifestazione dei lavoratori Safilo

LONGARONE - Nulla di fatto. E molto sconcerto. Anche l'incontro che ieri, 8 giugno, ancora una volta, ha messo di fronte Safilo, presente con Advisor e rappresentante dell'azienda, Confindustria Belluno Dolomiti e parti sindacali con Cgil, Cisl e Uil ed i loro rappresentanti provinciali, regionali e le Rsu, si è risolto in niente.

Il quadro, drammatico, è rimasto esattamente identico a quello che si presentava prima dell'incontro.

IL PRECEDENTE
Da mesi la proprietà di Safilo ha espresso la volontà di disfarsi del sito produttivo di Longarone. Una volontà ribadita in più sedi ed occasioni a cui si sono sempre contrapposti i lavoratori ed i sindacati con questi ultimi che hanno sempre chiesto continuità occupazionale e garanzie sociali. «Non è emerso nulla», riferisce Giampiero Marra (Cgil) che non nasconde il proprio sconcerto dopo l'ennesimo incontro che si è svolto nella sede dell'azienda, a Longarone. «Avevamo già intuito che sarebbe andata così e ne abbiamo avuto la conferma. Cosa ci hanno detto? Che prosegue la loro attività di approfondimento con aziende che hanno manifestato il loro interesse sul sito Safilo di Longarone, ma che non ci sono attività che possano essere rivelate. Noi immaginiamo sia perché sono coperte da clausole di riservatezza sia perché Safilo è quotata in borsa». Detto del nulla emerso da Safilo, Marra riferisce poi quanto detto dagli stessi sindacati: «Da parte nostra abbiamo osservato che non è più opportuno fare incontri inutili. Abbiamo chiesto con chiarezza che fissino loro una prossima data significativa, una data cioè in cui sia possibile da parte loro riferire delle novità in termini di contenuti sicuri. Anche perché tutto ciò, e cioè convocare, annullare l'incontro, spostarlo, uscire senza alcuna novità, produce un brutto effetto sulla comunicazione e sull'immagine che esce all'esterno».

I CAPISALDI
L'appuntamento di ieri è comunque servito a ribadire da parte dei sindacati alcuni punti fermi: «L'operazione si deve chiudere con impatto sociale uguale a zero. E quindi, per esempio, con nessuno spezzatino, con le maestranze divise fra siti diversi, assorbite un po' qua un po' là, magari altri affidati agli ammortizzatori sociali. Perché tutto questo ha un impatto sociale, non è uguale a zero». Marra vuole infine puntualizzare: «Il paradosso è che rischiamo di passare noi, sindacati che abbiamo sempre avuto una posizione unitaria, di essere coloro che mettono in difficoltà una grossa azienda, sana, che produce. Ed invece è esattamente il contrario. Ed a volte mi pare proprio di vivere in un mondo al contrario».

LE DICHIARAZIONI
La crisi era scoppiata a fine gennaio con la decisione della proprietà di non avvalersi più del sito di Longarone. Subito dopo le prime assemblee dei lavoratori sostenuti dai sindacati, aveva cominciato a muoversi anche la politica. Oltre alle dichiarazioni di condanna per una politica industriale incomprensibile, l'assessora regionale Elena Donazzan aveva convocato il tavolo di crisi. E proprio in Regione, nel corso di un confronto fra azienda e sindacati ed in presenza della stessa assessora, era emersa con una certa nettezza la volontà di chiusura. E finora la linea dell'azienda non è stata incrinata in nessun modo né dagli incontri in Regione né da quelli convocati dal presidente della Provincia e sindaco di Longarone Roberto Padrin, né dalla grande manifestazione svoltasi con partenza dal sito industriale longaronese, realizzato anche grazie ai contributi del post-Vajont, né dalla ribalta ottenuta con la presenza negli eventi collaterali al festival di Sanremo, né, infine, con la protesta civile organizzata sempre dai sindacati in occasione della partenza della 19. tappa del Giro d'Italia proprio da Longarone.

      

Ultimo aggiornamento: 10 Giugno, 11:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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