Safilo macina utili ma lascia in cassa integrazione il personale: l'ira dei sindacati

Venerdì 4 Novembre 2022 di Federica Fant
I sindacalisti Deola, Martines e Casanova
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LONGARONE - Sale la preoccupazione dei sindacati e dei dipendenti per il futuro dello stabilimento di Longarone della Safilo. Ieri si è tenuta l’assemblea dei 490 dipendenti, le organizzazioni sindacali hanno esposto l’esito dell’incontro con la proprietà. Denise Casanova (Filctem Cgil), Bruno Deola (Femca Cisl) e Rosario Martines (Uiltec Uil) hanno informato di non aver sottoscritto l’accordo della cassa integrazione, misura che comune sarà avviata, «è stato un segnale per dire al gruppo che deve dare una strategia ai lavoratori di Longarone. Ricordiamo che lo stabilimento sta facendo profitti». Safilo, infatti, ha terminato il 2021 con un utile netto di 27,4 milioni di euro, rispetto alla perdita di 6,5 milioni contabilizzata l’anno precedente; l’utile netto contabile è stato di 21,28 milioni di euro.

L’azienda, intanto, ieri avrebbe rinnovato l’accordo di licenza con la Kering, per altri 4 anni, ma resta da capire cosa si intenda fare dello stabilimento di Longarone dove la cassa integrazione andrà avanti fino a Natale, in tutto 13 settimane. E poi? Il timore è di uno svuotamento progressivo, favorendo la produzione estera dove i costi di produzione sono minori.
La Casanova fa sapere che il 10 novembre si terrà un coordinamento dei sindacati di Safilo: «In quella sede – afferma - affronteremo la questione e vedremo quali azioni mettere in campo. Non possiamo certo stare fermi di fronte ad una situazione simile. Dove è finito il made in Italy, esiste ancora un valore per il prodotto italiano? Lo storico marchio Safilo verrà portato avanti o si produrrà tutto all’estero? A queste domande dovrà rispondere l’azienda». 
«I lavoratori di Longarone - aggiunge Martines - hanno già dato e non possiamo più chiedere a loro sacrifici. Abbiamo ridotto di 400 i lavoratori che soltanto qualche anno fa erano un migliaio e ora non sono neanche 500. Abbiamo chiuso lo stabilimento Safilo 2, e ora siamo ancora qui a parlare di cassa. Vogliamo conoscere qual è il piano strategico che ha in mente la società e soprattutto gli stabilimenti italiani che ruolo avranno in questo piano. Dai segnali che vediamo oggi, non si preannuncia nulla di buono». 
La prospettiva è che una fetta di lavoratori non passerà un sereno Natale: circa il 30% dei dipendenti di Safilo a Longarone sta facendo la cassa integrazione rimanendo a casa anche 3-4 giorni a settimana, con un salario ridotto al 40 o anche al 50% del totale, con il rincaro delle bollette da pagare. «Non possiamo permettere che dopo un piano industriale di tagli che ha portato a dimezzare l’organico di Longarone, l’azienda ricorra ancora alla cassa integrazione - affermato Deola -. E questo ci preoccupa non poco sapendo che il 96% della produzione della società viene fatto all’estero, e soltanto il 4% in Italia. Noi avevamo chiesto a Safilo di far rientrare qualche produzione qui per non far pesare sulla comunità intera il ricorso alla cassa, ma ci è stato negato. Come ci è stato negato anche un aiuto da parte dell’azienda per contenere il disagio per il taglio del 40% del salario che scatta con la cassa». 
Come se non bastasse, le sigle sindacali sottolineano la perdita delle competenze e di interi reparti. Segnali che fanno temere il peggio, tanto più che solo il 4% della produzione è attualmente ancora in Italia. Le prime avvisaglie di questa ultima crisi si erano avute al principio di ottobre, quando sindacati e Rsu avevano annunciato che l’azienda intendeva procedere con la richiesta di cassa integrazione anche in assenza di accordo sindacale. 
«Già il 4 ottobre nel corso di un incontro - affermano i sindacalisti -, l’azienda ci aveva informato della necessità di ricorrere all’ammortizzatore sociale. Al che noi avevamo fatto presente che Longarone era già stato penalizzato, ridotto a meno di 500 unità, dopo l’uscita di 400 lavoratori, rivelandosi uno degli stabilimenti del gruppo maggiormente colpiti dal piano industriale. Avevamo chiesto di sapere quali fossero le strategie per il futuro dello stabilimento. Ma le risposte vennero rinviate al 25 di ottobre». La richiesta era stata quella di rinviare l’attivazione della Cig a dopo l’incontro del 25, facendo arrivare più volumi di lavoro dall’estero, ovvero riportando in Italia le produzioni. Ma queste richieste, così come quella di integrare il salario dei cassintegrati non sono state accolte.
 

Ultimo aggiornamento: 5 Novembre, 11:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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