Safilo "boccia" la richiesta di adeguare il salario ai 500 dipendenti in cassa integrazione

Mercoledì 26 Ottobre 2022 di Lauredana Marsiglia
La sede Safilo di Longarone

LONGARONE -  Alla Safilo di Longarone il gioco sembra farsi sempre più duro. Dopo il taglio di 400 dipendenti avvenuto ai primi del 2020, dovuto alla perdita di grosse licenze come Dior e Fendi “scippate” dalla dirimpettaia Thélios, il futuro prende la salita anche per i 500 dipendenti rimasti in azienda. La cassa integrazione ordinaria è scattata ai primi del mese coinvolgendo a rotazione tutto il personale.
Una misura che taglia i salari dal 40 al 60 per cento come stabilito dai massimali Inps. E come si fa a vivere con simili tagli, specie in questi tempi in cui l’accelerata sulle politiche green ha spinto in alto i prezzi dell’energia con effetto domino su tutto il resto?
Proprio sulla necessità di un integrazione al salario, ridando dignità e valore al lavoro, hanno spinto le segreterie sindacali di categoria Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil con le Rsu aziendali. Ma dai vertici non sarebbe arrivata alcuna apertura in questa direzione.
L’incontro tra le parti, assente l’amministratore delegato Angelo Trocchia, si è svolto ieri nella sede di Longarone. Sul tavolo non solo la necessità di integrare il salario, ma ancor di più gli possibili scenari che attendono lo storico stabilimento di una gloriosa azienda che venne creata da Guglielmo Tabacchi nel 1934 e diventata negli anni un colosso. Poi il progressivo ingresso degli stranieri tanto che oggi l’azienda è sotto il controllo del fondo olandese Hal Investments.
Sull’esito dell’incontro nessuno vuole dare grandi anticipazioni. «Vogliamo aspettare le assemblee con i lavoratori - spiega Denise Casanova, segretaria provinciale Filctem - poi faremo un conferenza stampa per spiegare quanto è stato deciso».
Le assemblee sono in calendario per il 3 novembre, poi se ne saprà di più sulle sorti di una delle aziende che, con Luxottica, ha fatto la storia del settore in provincia di Belluno, salvo poi prendere strade diametralmente opposte: il gruppo Del Vecchio continua a salire, il gruppo Safilo a scendere. 
Sorti ampiamente criticate già nel 2020 dal cavalier Vittorio Tabacchi, figlio del fondatore, quando scoppiò la crisi che non solo portò al taglio di 400 unità su Longarone ma anche alla chiusura dello stabilimento friulano di Martignacco. Un saldo di 700 dipendenti in meno
«Incapacità, ignoranza e presunzione - disse senza tanti convenevoli il cavalier Tabacchi - iniziata con la cacciata di tutti i miei dirigenti rimpiazzati con quelli provenienti dalla Procter & Gamble». 
La questione Safilo sta impegnando a fondo i sindacati che già con l’annuncio della cassa integrazione non escludevano possibili contromisure alla decisione definita unilaterale, ovvero non concordata con i sindacati. Decisioni che peseranno enormemente sulle vite dei 500 lavoratori.
«Quanto avvenuto in Safilo, con l’azienda che chiede per la sede di Longarone la cassa integrazione anche in assenza dell’accordo con i sindacati, impone una riflessione più generale», aveva detto qualche giorno fa la Casanova, aprendo una riflessione più ampia sul mondo del lavoro piagato da salari sempre più basi a fronte di una vita sempre più cara.
«Non può essere questa la soluzione ai problemi che stiamo affrontando, perché rischia di acuirli anziché risolverli» affermava la Casanova avanzando l’ipotesi della settimana corta come antidoto ad una crisi che picchia sempre di più sull’ultima ruota del carro. Insomma, un nuovo modello di sviluppo che redistribuisca la ricchezza.
 

Ultimo aggiornamento: 17:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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