Rossella scomparsa in Cadore 46 anni fa, il mostro del Circeo riapre il caso: «È stata uccisa»

Sabato 25 Settembre 2021 di Davide Piol
Rossella Corazzin poco prima della scomparsa e Angelo Izzo, il mostro del Circeo
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BELLUNO A distanza di 46 anni dalla scomparsa di Rossella Corazzin, la 17enne friulana di San Vito al Tagliamento (Pordenone) avvenuta durante una vacanza con la famiglia a Tai di Cadore nel 1975, il caso potrebbe essere riaperto. E tutto parte ancora una volta dalle dichiarazioni di Angelo Izzo, alias il mostro del Circeo, che 5 anni fa chiese all’allora procuratore di Belluno Francesco Saverio Pavone di essere interrogato per spiegare cosa fosse successo alla ragazza. Dal rapimento nel comune di Pieve di Cadore, alla violenza sessuale con rito satanico e conseguente uccisione in una villa del lago Trasimeno. Il tribunale di Perugia lo dichiarò inattendibile e archiviò il caso. Ora il colpo di scena. Il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra, ha chiesto alla Procura di Belluno una copia delle dichiarazioni rese da Izzo al procuratore Pavone nel 2016.

Questo perché sono in corso degli accertamenti su un possibile collegamento tra i responsabili del massacro del Circeo (Gianni Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira) e Francesco Narducci, il medico di Perugia scomparso e trovato morto nel lago Trasimeno nel 1985, in cui si inserisce anche il mistero del mostro di Firenze. 

IL MISTERO
Nell’agosto 1975 Rossella Corazzin si trova nella casa degli zii a Tai di Cadore insieme ai suoi genitori. Il 21, verso le 14, si allontana da sola spiegando al padre che avrebbe scattato alcune foto al paesaggio e che sarebbe tornata a prenderlo per una passeggiata insieme. La ragazza però sparisce nel nulla. Partono le indagini che la Procura di Belluno archivierà il 31 ottobre 1977. Il caso torna alla ribalta nel 2003 grazie a un testimone chiave ma viene richiuso 5 anni dopo. Nel 2010 il Tribunale di Pordenone dichiara la morte presunta di Rossella Corazzin. Storia chiusa? Nient’affatto. 

L’INTERROGATORIO
Nel maggio 2015 Angelo Izzo invia una lettera dal carcere all’allora procuratore Francesco Saverio Pavone, chiedendo di essere interrogato su una ragazza rapita nel 1975 vicino a Cortina d’Ampezzo. Viene sentito a sommarie informazioni e poi interrogato nel 2016. Secondo Izzo, la ragazza venne sequestrata, tenuta prigioniera per alcuni giorni in una casa a Riccione e infine violentata, e presumibilmente uccisa, in una villa sul lago Trasimeno da un gruppo composto, oltre che dallo stesso Izzo, da Giovanni Guido, Gianluigi Esposito, Marco Acquarelli, Giampiero Parboni Arquati, Andrea Ghira, Serafino di Luia, Francesco Narducci, Fabio Moricca, Marco Nesbitt, Ennio Annoscia e Fabio Annoscia.

L’ARCHIVIAZIONE
Il fascicolo viene trasmesso alla Procura di Perugia per competenza territoriale e nel dicembre 2019 il giudice decide di archiviare sulla base della ricostruzione del pm che ha evidenziato, nelle dichiarazioni di Izzo, «le contraddizioni interne, gli aggiustamenti e soprattutto l’assenza, nel suo immaginifico racconto, di circostanze dotate di concretezza e riferimento specifico ai delitti che il dichiarante descrive». Sono stati esaminati anche i precedenti penali di Izzo ed è emersa la sua propensione a «mentire e a perseverare nella menzogna anche in modo sfacciato e contro ogni evidenza». Tutto inventato, quindi? L’ipotesi è che Izzo abbia detto la verità su alcune cose e mentito su altre. 

LA SPERANZA
La Commissione parlamentare antimafia ora ha riaperto il vaso di Pandora. Se Izzo venisse dichiarato attendibile su alcuni punti, il caso Corazzin potrebbe essere riaperto. L’idea della Procura di Belluno, ad esempio, era di scavare intorno alla villa del Narducci soprattutto vicino al pozzo che, stando alle testimonianze acquisite prima del procedimento “Corazzin”, pare che emanasse odori nauseabondi. Nessuno ha mai indagato in quel posto. In altre parole: nessuno ha mai creduto a Izzo. «È il suo problema – ha spiegato l’avvocato Rolando Iorio – Si crede sempre che qualcosa di vero la dica, mentre che altre cose tenda ad amplificarle. Riguardo alla Corazzin mi ha sempre detto, anche quando eravamo soli, che era tutto vero e che c’era il collegamento con Francesco Narducci. Ha indicato particolari della sua villa che poteva sapere solo chi c’era stato». Insomma, il caso potrebbe esser riaperto così come la ferita, mai più rimarginata, della famiglia di Rossella Corazzin assistita invece dall’avvocato Antonio Maria La Scala. 

Ultimo aggiornamento: 08:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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