Rifugio Zio Stefano, un angolo di mondo in vetta al Serva: «Con Song abbiamo deciso di fermarci qui»

Martedì 7 Dicembre 2021 di Silvano Cavallet
Song Qin gestisce il rifugio Zio Strefano assieme a Stefano Zanella
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BELLUNO - Il cognome - Zanella - ne tradisce chiaramente l'origine del Centro Cadore. «È vero e ne vado orgoglioso», commenta Stefano Zanella, Zio Stefano se si parla della sua attività di ristoratore. E te lo dice con un inconfondibile accento emiliano (originale non acquisito) che ti pone qualche problema se tenti di collocarlo con maggior precisione. «In realtà - commenta - sono nato in Germania, dove i miei genitori si erano trasferiti. Poi il rientro in Italia, in Emilia, al confine tra Modena e Reggio, cioè nel distretto della ceramica e della piastrella».
Una strada già stabilita?
«Abbastanza, si. Dopo la scuola ho trovato lavoro come disegnatore presso un'azienda che realizzava impianti per l'industria della ceramica».
Da un lavoro tecnico alla creatività in cucina, il passo non è certo breve.
«Si, ma la storia propone altri capitoli prima della cucina. Capita, infatti, che l'azienda in cui lavoravo scelga di spostarsi in Cina, più precisamente a Foshan (cittadina di 7 milioni di abitanti a 150 chilometri a nord ovest di Hong Kong ndr) e, con l'attività, anch'io ho fatto la valigia verso quello che stava diventando il distretto cinese della ceramica».
Altro mondo, altra cultura, altra gente.
«Certo. Ma, forse è da queste differenze che la storia cambia direzione. Come è capitato a tanti italiani emigranti, succede che ti metti a cucinare qualcosa di tipicamente italiano; e, soprattutto, di invitare qualche amico».
La pasta come regina, naturalmente.
«Si, certo. Con i sughi della tradizione emiliana; e poi, con tutto quello che rappresenta il nostro patrimonio culinario (che è anche patrimonio culturale, naturalmente), pizza compresa».
Sono stati gli apprezzamenti dei commensali a spingere verso un nuovo lavoro?
«Beh, si. Una decisione presa dopo una serie di valutazioni fatte con Song Qin, anche lei impiegata nel settore ceramiche. (Il primo incontro con la signora, ora sua compagna di vita e di attività professionale, è avvenuto su un autobus. Quando si dice il destino ndr). Dato che le richieste di preparare pranzi e cene era in costante crescita, abbiamo deciso di fare il grande passo. Così, nel 2010 è nato Moka, il nostro esordio nel mondo della ristorazione».
Una fotografia di Moka?
«Quattro tavoli, 12 coperti, per fortuna sempre occupati. E sempre fedeli alla linea: tutto fatto in casa, soprattutto le paste. Così, grazie anche al passaparola, le cose andavano bene. Anzi, sono arrivate recensioni molto lusinghiere e persino la visita di diverse emittenti cinesi. Un andamento che ci ha permesso di arrivare, dopo un paio d'anni, a 24 coperti».
Trend di grande crescita.
«Si, ma qui ci siamo fermati perché se vuoi puntare sulla qualità e sulla genuinità, non puoi pensare di crescere continuamente».
Con queste premesse, come capita di tornare in Italia; e che cosa avete fatto del Moka? «Intanto, il Moka è sempre attivo, affidato a persone affidabili e capaci. Per noi, il ritorno è stato una sfida. Saremo riusciti a replicare la buona riuscita cinese anche in Italia? Prospettiva assai sfidante che abbiamo deciso di giocare».
Primo passaggio in Comelico. Come mai?
«Io avevo fatto il servizio militare a Santo Stefano, quindi queste zone non mi erano sconosciute. E da un passaggio turistico è maturata la decisione di aprire l'attività».
Poi la discesa a valle. Spirito inquieto? Mal di Cina?
«Lo confesso: la tentazione di tornare in Cina l'abbiamo avuta. E non per la gente del Comelico, gente assolutamente magnifica, cordiale, disponibile. Diciamo che queste caratteristiche non erano nelle corde dei proprietari, sicché il rapporto si è interrotto».
Poi?
«Poi, mentre stavamo valutando il da farsi, abbiamo visto l'annuncio della Cooperativa circa l'affidamento del Col di Roanza. Dal dialogo col presidente (Oscar De Pellegrin. ndr) abbiamo capito che stava per avviarsi un eccellente rapporto. Ed eccoci qui».
Adesso?
«Adesso si continua. La gente ci ha accolto benissimo e, in più, con i proprietari tutto procede per il meglio».
Che dire? provare per credere.

 

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