BORGO VALBELLUNA - Era da due anni che attendeva di deporre: ieri, dopo numerosi rinvii, il cambio del giudice e il processo che va verso la prescrizione, Oscar Zanella, il papà di Maicol, la ragazza originaria di Quero morta 6 anni fa per cause naturali nella sua abitazione di Lentiai, ha finalmente potuto rispondere in aula.
Si sta celebrando il processo per i presunti atti persecutori alla ragazza e per gli spari esplosi a Mel. Alla sbarra ci sono il datore di lavoro della ragazza, Renato Carpene di Sedico (avvocato Monica Barzon) e Claudio Pietrobon, di Castelfranco (Tv) attualmente in carcere a Padova (avvocato Erminio Mazzucco). Sono chiamati a rispondere a diverso titolo di 9 capi di imputazione per fatti dal novembre 2014 a gennaio 2016. Sono coimputati per l’esplosione dei 3 colpi di arma da fuoco contro un’auto a Villa di Villa di Mel, nella notte del 29 dicembre 2014 (minacce e danneggiamenti per entrambi, porto d’arma e falso per Pietrobon, stalking per Carpene).
IL “GIALLO”
Ieri si è visto in aula uno dei due imputati: Claudio Pietrobon, che negli anni scorsi era in carcere. E c’è stato un piccolo “giallo”, che non poteva passare inosservato. Pronta a testimoniare una teste, una conoscente di Pietrobon, che poi, trovandosi di fronte all’imputato se ne è andata senza dire niente. Il pubblico ministero, Sandra Rossi, si è ritrovata quindi costretta a citarla nuovamente per maggio.
NUOVO GIUDICE
Il processo è ripreso con un nuovo giudice, Gianmarco Giua che ha preso il posto del collega Zantedeschi, ma il processo era già entrato nel vivo con diversi testi. Ed è proprio per questo che le difese hanno sollevato due eccezioni. L’avvocato Monica Barzon ha chiesto la rinnovazione di tutta l’istruttoria, dal momento che i primi testi sono stati ascoltati dall’altro giudice. Il collega della difesa Erminio Mazzucco ne ha quindi sollevata un’altra di incostituzionalità, rappresentando come la sfera non verbale dei sentimenti e le incertezze non possano essere raccontate se non ascoltandole direttamente. «Le prove non sono di parte – ha spiegato in aula l’avvocato Mazzucco - ma i testi escussi diventano patrimonio dell’intero processo. Qui siamo in composizione monocratica e perde l’intera memoria processuale». La parte civile, con l’avvocato Fogliato ha parlato di genericità delle eccezioni. Alla fine sono state rigettate dal giudice e si è proceduto con i testimoni.
LA TESTIMONIANZA
È stato ascoltato il padre di Maicol, Oscar Zanella. L’uomo ha quindi risposto a tutte le domande: la figlia, una volta diplomata al Catullo aveva subito trovato impiego e «come è naturale che fosse si gestiva economicamente». Ha notato qualcosa di diverso in Maicol nel 2014, 2015, gli è stato chiesto? «Non era serena e solare come era sempre stata – ha risposto Oscar Zanella -. Ha iniziato a lavorare allo studio Carpene. Notavo che nascondeva sempre le mani e aveva preso un cane e lo teneva a casa. Aveva paura e io non capivo perché». La ragazza aveva cominciato ad assumere antidepressivi? Il padre non ha saputo dare risposta, ma ha ribadito come la ragazza fosse diversa. Talmente tanto che un giorno del 2015 «mi comunicò di aver sottoscritto una polizza vita per assicurare alla madre un patrimonio. Me lo disse mentre eravamo a pranzo. Mi sentivo quasi in imbarazzo per questo discorso, non è normale che una figlia faccia questo discorso». La ragazza cominciò a non recarsi più al lavoro, ma non lo raccontò al padre. In una delle ultime udienze in Tribunale si era svolta la toccante testimonianza della compagna del padre. «Maicol ha sempre nascosto tutto. Lei si è comportata in modo tale da proteggere anche me, che non ero la sua madre biologica. Ricordo che un giorno - aveva raccontato - lei è arrivata e ci ha detto che aveva fatto una polizza alla mattina presto alle poste italiane di Lentiai, una polizza vita». Si torna in aula il 9 maggio.