Assoluzione bis per il "pontalpino" che freddò due poliziotti: la rabbia del sindacato

Domenica 30 Aprile 2023 di Lauredana Marsiglia
Pian di Vedoia

BELLUNO - I vicini di casa, a Pian di Vedoia, lo avevano descritto come un uomo violento, che spesso li minacciava. Alejandro Augusto Stephan Meran, 30 anni, domenicano, ha però passato indenne, per la seconda volta, la griglia della giustizia. È stato assolto sia in primo grado sia in Appello per aver assassinato a sangue freddo i poliziotti, Matteo Demenego e Pierluigi Rotta, nella questura di Trieste. Dovrà però passare 30 anni in un Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems). 
Era il 4 ottobre 2019, quando Meran prese la pistola ad uno dei due e fece fuoco, tentando poi la fuga. Con il fratello Carlysle, 32 anni, che faceva l’autista alla Tnt di Belluno, abitava al civico 41 di una palazzina a Pian di Vedoia. Il contratto venne rescisso quando la proprietaria, nell’agosto 2018, si accorse che in quell’appartamento “rumoroso” non vivevano solo in due come dichiarato ma in quattro. Da qui il trasferimento in Germania e poi a Trieste.
I giudici di Appello hanno confermato il vizio di mente, ovvero la non imputabilità, rigettando la richiesta del procuratore di generale presso la Corte d’Assise d’Appello di Trieste di disporre una nuova perizia accurata, affidata «a un collegio di almeno tre persone, estranee all’ambiente psichiatrico triestino e a certi condizionamenti». Il Pg aveva quindi chiesto una condanna a 25 anni di carcere e tre di Rems.
«Una sentenza che è arrivata come un pugno - afferma Valter Mazzetti, segretario generale Fsp Polizia di Stato -. E se un senso diffuso di frustrazione e indignazione ha travolto tutti i poliziotti, non c’è modo di descrivere ciò che stanno provando i familiari dei nostri colleghi trucidati a Trieste, cui siamo profondamente vicini. In Appello era forte l’aspettativa di un passo ulteriore che affrontasse i dubbi che rimangono ad aleggiare su questo dramma senza fine, tutti ‘fotografati’ nelle immagini di quell’arma impugnata a due mani da Meran che spara, che scappa, che si nasconde, e poi si arrende quando non ha più chance».
Nel processo si è costituita anche la Onlus Fervicredo (Feriti e vittime della criminalità e del dovere) che si prepara per un impugnazione in Cassazione, ultimo grado di giudizio.
«Nessuno cerca vendetta, ma non si può vivere con il dubbio atroce di aver perso un figlio, un fratello, un collega, un innocente e fedele servitore dello Stato a causa di violenza lucida e voluta che non sia giudicata come tale», è quanto afferma il presidente Mirko Schio.
Il giovane dominicano, durante la permanenza a Ponte dove era arrivato tramite il ricongiungimento con la madre, aveva lavorato solo pochi giorni come magazziniere alla ditta Tnt, un corriere espresso di Belluno, poi si era stufato. Preferiva trascorrere le sue giornate ad allenarsi in quell’appartamento, sollevando pesi e ascoltando musica a tutto volume. Quel lavoro glielo aveva trovato il fratello Carlysle, che da tempo faceva l’autista per quella ditta. Si era trasferito da Udine, dove era alla Tnt dal 2015, nel Bellunese, dove è arrivato nell’aprile 2017, proprio per quel lavoro. 
Dopo il dramma della sparatoria a Pian di Vedoia si erano sentiti una sorta di miracolati. «Ora capisco che qui siamo stati fortunati», dicevano nella palazzina. «Era grande e molto muscoloso, faceva paura», aggiunsero mantenendo l’anonimato per timore di ritorsioni. E ancora: «Non mi sorprende abbia ucciso, aveva un carattere molto aggressivo. Io stesso ho avuto a che fare con lui. Mi ha anche minacciato più volte: cercava di mettermi paura».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci