Inps, pensione negata per quel buco di 12 anni: contributi ritrovati, ecco dove erano finiti

Giovedì 8 Aprile 2021 di Davide Piol
La sede Inps di Belluno
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BELLUNO- Vi ricordate la signora Nilde Barp, 57 anni di Mel, che non poteva andare in pensione per quei presunti 12 anni di contributi non versati? Quando suo marito gliel’aveva comunicato si era messa a piangere.

Una vita intera passata a lavorare distrutta da una semplice comunicazione dell’Inps.


SOSPIRO DI SOLLIEVO
Da martedì qualcosa è cambiato. Nilde ha ricevuto un’altra telefonata e, anche questa volta, per poco, non è svenuta. Tutto risolto. Quel buco di 12 anni, dal 1982 al 1993, è stato finalmente colmato. I contributi erano finiti in un sotto-archivio informatico della banca dati e sono stati trovati dopo ore e ore di ricerca. La pratica è stata presa in carico dal direttore dell’Inps Marco De Sabbata.


L’INTERVENTO
«Non ne sapevo nulla e l’ho scoperto dai giornali – ha raccontato – Quindi ho voluto approfondire la questione. Ragione o torto, qualcosa non quadrava e sono andato a fondo». In quegli anni Nilde Barp lavorava per le sorelle Bacchetto che avevano un’azienda agricola a Mel. Erano loro a pagare i contributi a ciascun dipendente - all’epoca veniva fatto al Servizio contributi agricoli unificati (Scau) - e a compilare il cosiddetto libretto colonico. Dopo la morte delle sorelle Bacchetto nel 1993 la proprietà fu lasciata ai preti del paese che decisero di venderla e Nilde andò a lavorare nell’azienda del marito. Secondo la donna, tuttavia, i contributi erano stati pagati ogni anno. Perciò, vedendo slittare la pensione di oltre un decennio, si è rivolta all’avvocato Giorgio Azzalini di Dolomiti legal.


I TIMORI
Le ipotesi erano due: o le sorelle Bacchetto avevano imbrogliato i loro dipendenti oppure, nel trasferimento dati da Scau a Inps, questi erano stati persi. Il direttore De Sabbata, insieme al suo team, li ha cercati per una mattinata intera e alla fine li ha trovati. «Noi abbiamo più banche dati e solo un occhio esperto poteva recuperare quel tipo di informazione – ha spiegato – Di certo non l’operatore semplice che sta allo sportello e che accede alla banca dati generica. Aveva ragione quando ha detto alla signora: “Quei contributi non ci sono”. Lì infatti non c’erano».


L’AIUTO DELLA TECNOLOGIA
I contributi versati a Nilde erano finiti in un sotto-archivio informatico della banca dati che andava consultato a parte. «Non siamo l’ente burocrate, cinico e freddo come si pensa spesso – ha continuato il direttore dell’Inps – Si può sbagliare, anche se non di così tanto. Non ci dimentichiamo che stiamo parlando dell’epoca del libretto cartaceo, in cui il dato c’era e non c’era e le ricevute pure. Spesso le carte venivano perse e bisognava ricostruire tutto dall’inizio». La tecnologia, però, ha aiutato: «Se avessimo dovuto basarci solo sul dato cartaceo, quei documenti non sarebbero mai emersi».


LA SCOPERTA
Era stato il marito di Nilde Barp, Eldi Micacchioni, a far emergere il problema all’Inps: «Visto che sono qui – aveva detto – quando andrà in pensione mia moglie? Dovrebbe finire nel 2021 come me». «Si sbaglia – gli era stato risposto – a sua moglie mancano ancora 11 anni». Eldi Micacchioni aveva pensato a un errore dell’Inps. Ma dopo aver ripetuto il codice fiscale della moglie la risposta era rimasta la stessa: «Pensione nel 2032». Allora si era fatto consegnare l’estratto conto previdenziale scoprendo un buco di 12 anni, dal 1982 al 1993, in cui non sarebbero stati versati i contributi. Il marito di Nilde Barp si era rivolto a tutti: patronato Inac, Inps, sindaco e avvocati. Ha provato a chiedere, per conto della moglie, l’indennizzo di chiusura attività che le permetterebbe di avere un’entrata costante di 516 euro al mese fino ai 67 anni. E ha cercato di riscattare quei 12 anni di contributi mancanti: «Ho chiesto un preventivo, ma mi hanno risposto che è un’operazione che non posso fare. Ci ripetono che Nilde non ha pagato i contributi e che quindi non ha diritto alla pensione. Vogliamo chiarezza». 


LA FINE DI UN INCUBO
Ora la questione è risolta. L’Inps incontrerà la donna, le mostrerà l’estratto conto previdenziale aggiornato e le dirà quando potrà andare in pensione. «Il mio è uno stile diretto, schietto – ha concluso De Sabbata – Si poteva risolvere prima? Non lo so. Se una persona ha un diritto, questo deve essere riconosciuto senza se e senza ma. Siamo andati a fondo e ci è servito perché i nuovi colleghi ora hanno capito come lavorare in certe situazioni. Si impara sempre. Ma è stato un errore in buona fede». 

Ultimo aggiornamento: 9 Aprile, 07:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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