In pensione la storica cuoca dell'asilo: le sue polpette hanno cresciuto generazioni di bimbi

Mercoledì 10 Febbraio 2021 di Eleonora Scarton
Il saluto del sindaco alla storica cuoca dell'asilo

SAN GREGORIO NELLE ALPI
«Quando entravo all’asilo era come arrivare in una grande famiglia in cui si stava bene e si trovava la forza per affrontare anche i problemi della vita». Viviana Marchioro è stata l’amata cuoca della scuola dell’infanzia di San Gregorio nelle Alpi per più di 40 anni. Quattro decadi in cui ha visto crescere generazioni di bambini e li ha nutriti con amore. Uno dei ricordi più “appetitosi” dei piccoli sono le sue insuperabili polpette. Ora Viviana lascia la struttura, per godersi la meritata pensione. Un passaggio che non è stato per nulla facile, proprio perché lavorare lì, per lei, è stato un privilegio. Nei giorni scorsi l’amministrazione comunale ha voluto ringraziarla per l’impegno e la dedizione messa nel suo lavoro. Un omaggio ricevuto direttamente dal sindaco di San Gregorio nelle Alpi, Mirko Badole. Ed ora Viviana si racconta, o meglio racconta i suoi 40 anni a servizio dei bimbi feltrini per i quali è stata un po’ cuoca e un po’ mamma.
Come ha visto cambiare la scuola materna in questi 40 anni di lavoro? 
«C’è stata una grossa trasformazione. I bambini sono sempre gli stessi, però è cambiato il modo di approcciarsi a loro nel senso che quarant’anni fa c’era molta semplicità mentre oggi è necessario tenersi al passo con i tempi, con le nuove tecnologie». 
E i bambini? 
«I bimbi sono sempre gli stessi, sono spontanei, vivaci, però hanno delle esigenze diverse. Una volta si accontentavano di più, mentre oggi sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo. C’è più difficoltà ad intrattenerli perché passano da una cosa all’altro in modo veloce. Un cambiamento che, a mio giudizio, è legato anche al mutato contesto famigliare. Una volta le mamme erano a casa e si prendevano cura dei figli a tempo pieno per cui, quando i bambini arrivavano a scuola, veniva loro spontaneo passare subito in cucina perché riportava al calore della casa. E io ho potuto godermeli, coccolarmeli uno a uno. Anche oggi c’è questo passaggio, ma minore, perché le mamme lavorano praticamente tutte ed i bambini sono più abituati a persone esterne, come le baby sitter». 
Nel tempo si è andati sempre più verso menù studiati da esperti, da questo punto di vista come si è adeguata? 
«Il cambiamento è stato profondo. Oggi ci sono molte più regole nell’alimentazione, nel seguire una dieta corretta. Chiaramente lo si faceva anche prima, però oggi ci sono tutte le linee guida delle dietiste dell’Usl che vanno seguite alla lettera. Abbiamo dovuto seguire numerosi corsi, tra cui anche per le allergie perché è cresciuto il numero delle intolleranze alimentari che costringono a prestare sempre tanta attenzione». 
Le sue polpette sono uno dei ricordi più belli di molti bambini. Qual è il segreto di queste polpette? 
«Si tratta di polpette semplici, eppure ai bambini sono sempre piaciute tantissimo. A volte, quando incontro genitori che sono stati bambini 40 anni fa, mi chiedono di fare una rimpatriata e di preparare le polpette. Se le ricordano. Forse è perché le mangiavano in compagnia. Non lo so, però ho avuto tanta tanta soddisfazione». 
C’è una persona, un bambino in particolare che non dimenticherà mai? 
«Li porto tutti nel cuore. Chiaramente quelli più tremendi li ricordo di più, perché erano visibili, o quelli più fragili perché me li coccolavo maggiormente. Però non ce ne è uno in particolare. Li porto con me tutti, tant’è che oggi ogni tanto guardo sui social e gioisco nel vedere qualcuno che ha raggiunto un obiettivo nella vita, e mi rattristo nel momento in cui vedo qualcuno che ha preso la strada un po’ storta. Ecco, qualche anno fa, un bambino che non era più da noi, è morto: questo è sicuramente un ricordo triste che continuo a portarmi dentro». 
Cosa si porta via da questi 40 anni di lavoro? 
«La vita. Per quarant’anni sono entrata per la porta dell’asilo e vedevo la vita. E vedere la vita è una cosa bella. Mi porto via il bellissimo rapporto che avevo con le colleghe, con le maestre, con i superiori e in particolare con uno dei fondatori, Gazzi. Sono felice del percorso che ho fatto. L’asilo è stato un proseguo della mia casa; quando entravo lì dimenticavo dei problemi che magari avevo casa e trovavo la forza per affrontarli la sera. È stata davvero una grande famiglia e spero che possa essere così anche per le mie colleghe».
Eleonora Scarton
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