Assistenza sanitaria verso il collasso: mezza provincia senza pediatri

Martedì 18 Aprile 2023 di Yvonne Toscani
Mancano pediatri

BELLUNO - Mezza provincia di Belluno è priva dell'importante figura del pediatra di libera scelta. Manca il medico per gli assistiti più piccoli ad Auronzo, Lorenzago, Lozzo, Vigo, Alpago, Belluno, Chies d'Alpago, Limana, Longarone, Ospitale, Ponte nelle Alpi, Soverzene, Tambre, Val di Zoldo, Zoppè, Alano di Piave, Arsiè, Feltre, Fonzaso, Lamon, Pedavena, Quero Vas, Seren del Grappa, Sovramonte.

Doppia zona carente, con quindi l'assenza di ben due pediatri, a Borgo Valbelluna, Cesiomaggiore, San Gregorio nelle Alpi, Santa Giustina, Sedico, Sospirolo. In tutto sono cinque le sedi vacanti, tra quattro zone ordinarie e quella straordinaria, che fa capo ad Alano di Piave.

I NUMERI
Oltre a queste caselle, vanno riempite pure quelle dei medici di base e dell'emergenza sanitaria territoriale, la cui risposta è affidata al servizio 118. E se per i pediatri i numeri sono in linea con il resto del Veneto (la maglia nera non va a Belluno, ma alla provincia di Venezia) per il servizio di emergenza il record è del Bellunese: per il primo semestre di quest'anno si contano 30 incarichi vacanti da 38 ore settimanali (un totale di 1140 ore). In linea con le altre zone la carenza di medici di base, tecnicamente assistenza primaria a ciclo di scelta (ex assistenza primaria): all'appello mancano 44 professionisti, praticamente in tutto il territorio provinciale. E poi le guardie mediche o assistenza primaria ad attività oraria (ex Continuità assistenziale) prefestiva, festiva e notturna. Sono praticamente introvabili: in provincia ne mancano 46, per un numero totale di ore vacanti di 1104.

LA RICERCA
L'Ulss Dolomiti ha, pertanto, individuato e comunicato alla Regione Veneto la necessità di coprire 79 sedi vacanti: un vuoto relativo al primo semestre dell'anno in corso che, con i pensionamenti di molti medici dietro l'angolo, è destinato a crescere nel prossimo quadriennio. I numeri vengono declinati nei quattro decreti con cui Claudio Pilerci, direttore della Programmazione sanitaria della Regione Veneto, ha avviato l'iter per l'assegnazione degli incarichi, la cui procedura è affidata all'unità operativa di Gestione delle risorse umane dell'Azienda Zero, ente di governance della sanità regionale veneta. I medici aspiranti al conferimento, con provvedimento adottato dall'azienda sociosanitaria di interesse, avranno tempo fino al 4 maggio per presentare la propria candidatura, finalizzata a sostituire i camici bianchi in quiescenza o che hanno rassegnato le dimissioni per altri motivi.

MEDICI DI BASE
In attesa dei prossimi medici di famiglia diplomati, le strade praticate in provincia prevedono, da una parte, lo spostamento degli assistiti "scoperti" ad un dottore disponibile ad aumentare il massimale da 1.500 a 1.800 e, dall'altra, la permanenza in servizio di medici che abbiano già maturato i requisiti per la pensione. Ad ogni semestre l'Ulss dolomitica riattiva l'iter per l'inserimento nelle aree carenti.

IL PROBLEMA
Le procedure, dall'esito incerto, però si stanno complicando per l'assenza delle figure professionali. Il problema è l'ormai cronica mancanza delle necessarie risorse umane, in una situazione che era prevedibile ed attesa. Alla quale, però, ha fatto risconto un silenzio politico ai vari livelli. Ed ora viene servito il conto, con dati anagrafici dei professionisti e con problematiche nazionali, a cominciare dalla denatalità e spopolamento.

IL PRESIDENTE
«I dati confermano i precedenti afferma Stefano Capelli, presidente dell'Ordine dei medici e odontoiatri della provincia di Belluno . È l'esito di una situazione che si trascina da vent'anni sia sul fronte della medicina territoriale che ospedaliera, le cui situazioni in montagna sono completamente diverse dalle realtà in pianura». Le cause sono molteplici: la vastità del Bellunese o l'elevata indicizzazione over 65. «L'attuale mercato professionale - prosegue - presenta un'eccedenza di domanda rispetto alle figure professionali: ci vorranno dai due ai quattro anni per riscontrare dei cambiamenti». Ora, però, non si sa come uscirne. «Si può giocare la carta dell'attrattività aggiunge Stefano Capelli con un'offerta economica che riconosca la stato di difficoltà della montagna e delle isole minori».
 

Ultimo aggiornamento: 19 Aprile, 10:38 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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