Pascoli fantasma, sequestrati beni per oltre un milione: tre imprenditori assolti dopo sette anni

Mercoledì 15 Luglio 2020 di Olivia Bonetti
Pascoli fantasma: assolti tre imprenditori bellunesi
AGORDO - Pascoli fantasma? No, erano tutti contratti reali. Dopo essere rimasti 7 anni nel mirino della Procura, ieri, martedì 14 luglio, in Tribunale a Belluno, sono usciti puliti gli imprenditori agricoli Valentino De Martin, 38enne residente a Canale, il fratello Mauro De Martin, 57enne di Agordo e Pio Braito 53enne residente a Daiano (Trento): assolti con formula piena. I tre erano finiti a processo per falso ideologico e truffa aggravata per fatti che vanno dal 2010 al 2013. La Procura, dopo le indagini della Guardia di Finanza di Agordo, aveva ricostruito il presunto maxi-raggiro all'Unione europea per ottenere contributi dall'Avepa (Agenzia veneta per i pagamenti in agricoltura) per sfalci e pascoli che secondo l'accusa erano inesistenti. Così avrebbero incassato senza averne diritto un milione 341mila euro. Scattò anche un maxi-sequestro preventivo per quella cifra. La Finanza bloccò: 20 tra abitazioni e terreni, 12 conti correnti e 11 automezzi. Beni e soldi che sono ancora bloccati, dopo 7 anni: appena la sentenza diventerà definitiva gli imprenditori potranno tornare in possesso dei loro beni.

L'INCUBO
Oltre ai 3 imprenditori imputati nel processo, sono state incolpate di fronte al giudice anche le loro 4 aziende tutte con sede legale in via Soia, civico 10, a Canale: Maso Fumas, Castello, Mont e Giau. Le società rischiavano sanzioni interdittive, pecuniari e patrimoniali, una responsabilità che ricorre tutte le volte in cui il proprietario commetta un reato previsto dalla norma 231 del 2001: accade negli infortuni, ma difficilmente nelle truffe. Il 28 novembre 2017 il processo, che si è celebrato con rito abbreviato, arriva a conclusione: la Procura chiede pene totali di 6 anni e mezzo di reclusione per gli imprenditori e una maxi sanzione totale di 240mila euro per le società. I difensori, gli avvocati Massimo Montino di Belluno e Monica Malaguti di Rovigo per gli imputati e l'avvocato Antonio Prade per le società, gridano l'innocenza dei loro assistiti, e chiedono l'assoluzione piena.
I loro consulenti, Cristian Bolzonella dell'Università di Padova e Armando Berasi, agronomo di Trento avevano ricostruito con un lavoro certosino (erano 170 le presunte parti offese in comuni dell'Alto Agordino) che tutti i contratti erano regolari. Alla fine il gup Elisabetta Scolozzi non esce con la sentenza, ma con la decisione di nominare un super-perito, Giorgio Trentin di Treviso, e il processo si riapre. Ebbene ieri mattina, a distanza di 3 anni, è stato lo stesso pm Simone Marcon, che allora aveva chiesto le condanne, a chiedere l'assoluzione per tutti. «Il fatto non sussiste», ha sentenziato il giudice, assolvendo con formula piena. Non c'è stata nessuna truffa: le difese hanno dimostrato che non c'era nulla fuori posto. Ora, dopo 7 anni, gli imprenditori potranno tornare in possesso del milione e 300 mila euro in beni e conti correnti sequestrati
 
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