Non solo teologo, maestro in catechesi e quasi beato. Albino Luciani amava l’arte e d’arte fu insegnante. Conosceva la musica e suonava l’organo, mentre il canto non era il suo forte. Era legatissimo al Brasile, dove parenti di mamma Bortola ancora vivono nello stato di Santa Caterina. E puntava a tirar giù barriere: per questo assumerà la denominazione di "Papa delle Dolomiti". Nel 40° dell’elezione a sommo pontefice, nonché della morte 33 giorni dopo, gli organizzatori degli eventi pensati per l’anniversario puntano proprio a valicare i confini. Ad uscire da Canale d’Agordo. Proponendo appuntamenti - che trovano spesso radice in situazioni che Albino Luciani da bambino visse di persona - fino al 29 dicembre. A presentare il fitto programma, ieri al Centro Giovanni XXIII di Belluno, sono stati Loris Serafini, curatore scientifico del Museo dedicato al papa di Canale d’Agordo (Musal) e Laura Busin, consigliere della Fondazione “Albino Luciani”. Una ventina gli appuntamenti, più tre mostre estemporanee.
Ultimo aggiornamento: 10:57
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