VODO DI CADORE - L’ultima nata è Banana. Ma ci sono anche Rosa e Camillo, Lucy e Nicole, il trio celeste Sole-Luna-Stella. Più tutti gli altri, ben 24 asini e un solo uomo: Paolo Rossa, 39enne di Vodo di Cadore, meno di 900 abitanti sulla strada per Cortina d’Ampezzo e da oggi un’azienda agricola nuova di zecca, l’unica in provincia di Belluno a produrre il latte animale più simile a quello umano. «Ho fatto il panettiere e il barista, ma non ero così felice come lo sono adesso, libero in mezzo alla natura», racconta l’imprenditore, protagonista di una storia in controtendenza rispetto alla narrazione (e alla realtà) dello spopolamento montano, malgrado le difficoltà del tempo e dei luoghi.
L’INIZIO
Nel pomeriggio, alle 16 in punto, sarà la musica di un deejay a dare inizio alla festa per l’inaugurazione della fattoria, 2.000 metri cubi di fabbricato e 7 ettari di pascoli, lungo la pista ciclopedonale che costeggia l’Alemagna dall’alto. «Un grosso investimento – spiega Rossa – avviato grazie a un contributo europeo di 300.000 euro per i giovani imprenditori agricoli, a cui ho aggiunto il mutuo acceso nella filiale di CortinaBanca. È da agosto che faccio carte, avviare un’attività è a dir poco complicato.
COLPO D’OCCHIO
In sei anni, gli asini sono quadruplicati, al netto delle macellazioni. «Hanno tutti il microchip e il passaporto – sottolinea Rossa – ma io li distinguo a colpo d’occhio, perché trascorro tutti i giorni con loro. Per ricordarmi velocemente i nomi e le età, seguo un metodo tutto mio, partendo dal “papà”: se quello si chiama Bepi, allora do ai suoi figli un nomignolo che inizia con la B. Ogni due anni il maschio viene cambiato, per mescolare la genealogia, altrimenti la consanguineità aumenta il rischio di malattie. Per il momento vanno al macello solo quelli e le femmine sopra i 20 anni, per farne salami, spezzatino e ragù. Finora la lavorazione avviene all’esterno, ma adesso che ho gli spazi per un laboratorio e uno spaccio tutti miei, conto di iniziare la produzione in casa. Comunque la maggior parte degli animali resta in vita a lungo, perché l’attività principale è quella del latte d’asina, particolarmente ricercato come alternativa al latte vaccino per chi è allergico o come sostituto del latte materno per chi ne è sprovvisto. In futuro mi piacerebbe poterlo fornire anche ai laboratori farmaceutici, intanto studio la trasformazione in formaggio».
LA CONVIVENZA
I somari sono in buona compagnia: nell’azienda trovano posto pure i maiali, le api e le galline, con le relative produzioni di insaccati, miele e uova, venduti ai compaesani e ai turisti. «Per il momento mi arrangio a fare tutto da solo – confida il 39enne – anche se andando avanti spero di poter avere dei collaboratori. Il lavoro non manca: c’è pure la coltivazione degli ortaggi, finora principalmente patate, ma quest’anno punto anche al radicchio di Treviso. Certo è che i miei preferiti rimangono gli asini, che considero parte della mia famiglia, affettuosi e intelligenti come sono: basta un timbro di voce diverso e capiscono se sono arrabbiato. Per questo sono contento di poterli finalmente ospitare in una vera stalla. Nel capanno di prima dovevo portare l’acqua con i secchi, non avevo né luce né corrente, ho fatto quattro inverni così. Adesso invece possono stare dentro alla notte e trascorrere l’estate al pascolo. Ovviamente recintato con l’elettrificazione, perché c’è il problema del lupo che preda gli animali e dei cervi che cercano il fieno: l’altra sera ce n’erano 18 qua fuori, ogni volta devo sistemare i danni, la convivenza fra le specie non è facile. Ma va bene così: prima lavoravo giorno e notte senza soddisfazione, adesso seguo i ritmi della natura. Il guadagno economico non è sicuramente maggiore, ma mi sento libero. E felice».
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