Paolo cambia vita a 39 anni e apre un'azienda agricola:«Io e i miei 24 asini, adesso mi sento libero e felice»

Sabato 4 Marzo 2023 di Angela Pederiva
Paolo Rossa

VODO DI CADORE - L’ultima nata è Banana. Ma ci sono anche Rosa e Camillo, Lucy e Nicole, il trio celeste Sole-Luna-Stella. Più tutti gli altri, ben 24 asini e un solo uomo: Paolo Rossa, 39enne di Vodo di Cadore, meno di 900 abitanti sulla strada per Cortina d’Ampezzo e da oggi un’azienda agricola nuova di zecca, l’unica in provincia di Belluno a produrre il latte animale più simile a quello umano. «Ho fatto il panettiere e il barista, ma non ero così felice come lo sono adesso, libero in mezzo alla natura», racconta l’imprenditore, protagonista di una storia in controtendenza rispetto alla narrazione (e alla realtà) dello spopolamento montano, malgrado le difficoltà del tempo e dei luoghi.

L’INIZIO
Nel pomeriggio, alle 16 in punto, sarà la musica di un deejay a dare inizio alla festa per l’inaugurazione della fattoria, 2.000 metri cubi di fabbricato e 7 ettari di pascoli, lungo la pista ciclopedonale che costeggia l’Alemagna dall’alto. «Un grosso investimento – spiega Rossa – avviato grazie a un contributo europeo di 300.000 euro per i giovani imprenditori agricoli, a cui ho aggiunto il mutuo acceso nella filiale di CortinaBanca. È da agosto che faccio carte, avviare un’attività è a dir poco complicato.

Lo è dappertutto, intendiamoci, ma in montagna lo è ancora di più. Però sono legato alle mie radici, da qua non mi sposto». Il destino pareva già segnato dall’inizio, con il diploma da perito agrario all’istituto Della Lucia di Feltre, ma la vita ha fatto un giro più lungo. «Fin da ragazzino amavo molto i boschi, tanto che mi sarebbe piaciuto diventare una guardia forestale. Però crescendo quel sogno è sfumato e allora ho fatto altri mestieri: prima ho lavorato in una panetteria, poi ho gestito un bar. Ma con il passare degli anni ho capito che avevo voglia di stare con gli animali, che a volte sono pure meglio delle persone...», sorride l’allevatore, sposato e papà di due bambini. «Ho cominciato nel 2017 con un piccolo ricovero, avevo soltanto sei asini. In zona nessuno li teneva, per cui ho fatto una scelta che qualcuno definirebbe una strategia di marketing, ma che per me è stata anche una forma di rispetto per le altre imprese già presenti in paese. All’epoca ce n’erano quattro, anche se poi una ha chiuso i battenti, con allevamenti di mucche, conigli e pollame. Così, per non fare dispetto a nessuno, ho pensato di differenziarmi». 

COLPO D’OCCHIO
In sei anni, gli asini sono quadruplicati, al netto delle macellazioni. «Hanno tutti il microchip e il passaporto – sottolinea Rossa – ma io li distinguo a colpo d’occhio, perché trascorro tutti i giorni con loro. Per ricordarmi velocemente i nomi e le età, seguo un metodo tutto mio, partendo dal “papà”: se quello si chiama Bepi, allora do ai suoi figli un nomignolo che inizia con la B. Ogni due anni il maschio viene cambiato, per mescolare la genealogia, altrimenti la consanguineità aumenta il rischio di malattie. Per il momento vanno al macello solo quelli e le femmine sopra i 20 anni, per farne salami, spezzatino e ragù. Finora la lavorazione avviene all’esterno, ma adesso che ho gli spazi per un laboratorio e uno spaccio tutti miei, conto di iniziare la produzione in casa. Comunque la maggior parte degli animali resta in vita a lungo, perché l’attività principale è quella del latte d’asina, particolarmente ricercato come alternativa al latte vaccino per chi è allergico o come sostituto del latte materno per chi ne è sprovvisto. In futuro mi piacerebbe poterlo fornire anche ai laboratori farmaceutici, intanto studio la trasformazione in formaggio». 

LA CONVIVENZA
I somari sono in buona compagnia: nell’azienda trovano posto pure i maiali, le api e le galline, con le relative produzioni di insaccati, miele e uova, venduti ai compaesani e ai turisti. «Per il momento mi arrangio a fare tutto da solo – confida il 39enne – anche se andando avanti spero di poter avere dei collaboratori. Il lavoro non manca: c’è pure la coltivazione degli ortaggi, finora principalmente patate, ma quest’anno punto anche al radicchio di Treviso. Certo è che i miei preferiti rimangono gli asini, che considero parte della mia famiglia, affettuosi e intelligenti come sono: basta un timbro di voce diverso e capiscono se sono arrabbiato. Per questo sono contento di poterli finalmente ospitare in una vera stalla. Nel capanno di prima dovevo portare l’acqua con i secchi, non avevo né luce né corrente, ho fatto quattro inverni così. Adesso invece possono stare dentro alla notte e trascorrere l’estate al pascolo. Ovviamente recintato con l’elettrificazione, perché c’è il problema del lupo che preda gli animali e dei cervi che cercano il fieno: l’altra sera ce n’erano 18 qua fuori, ogni volta devo sistemare i danni, la convivenza fra le specie non è facile. Ma va bene così: prima lavoravo giorno e notte senza soddisfazione, adesso seguo i ritmi della natura. Il guadagno economico non è sicuramente maggiore, ma mi sento libero. E felice».
 

Ultimo aggiornamento: 16:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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