«Volevo portare Paolo Rossi nella mia Agordo, tra le mie Dolomiti, ma non ne abbiamo avuto il tempo». Fabio Guadagnini racconta un’amicizia che ormai è un romanzo interrotto, o forse solo da riscrivere, come quelle storie a cui restituiamo i giusti contorni quando ormai non possiamo più viverle. Al giornalista bellunese oggi - 12 dicembre - nella cattedrale di Vicenza è stata affidata una responsabilità importante, un onore e un onere: prendere la parola, proprio all’inizio del funerale di quel campione che l’Italia si è ricordata di amare di un amore nostalgico, non solo calcistico. Guadagnini, volto e voce conosciutissimi dagli appassionati di sport che hanno imparato ad apprezzarne l’autorevolezza fin dal 1991 sui canali televisivi di TelePiù, Eurosport, Stream, Sky e Fox, è intervenuto subito dopo un giovane giocatore del Lanerossi Vicenza e prima di un compagno di squadra storico come Antonio Cabrini. «Me l’ha chiesto Federica, la moglie», spiega Fabio, confermando il legame stretto con la famiglia del campione del mondo 1982. «Me l’ha chiesto immaginando che anche per il mio lavoro potevo dire cose che altri avrebbero voluto dirgli».
UNA PROVA DIFFICILE
«Ero riluttante - continua Fabio - ho fatto molta fatica a restare lucido.
IL DISCORSO
«Paolo per me rappresentava l’amicizia pura e trasparente, come persona era così. Preparandomi, ho pensato alla sua sofferenza come padre, che non potrà più guidare e aiutare le sue figlie. Con le mie parole ho voluto anche manifestargli gratitudine». E qui Fabio apre il suo cuore, per rivelare in quale modo, nel 1982, l’impresa dell’Italia di Bearzot e Rossi ebbe un’influenza diretta sulla sua vita. «Avevo 17 anni (è nato il 14 novembre del 1964, ndr) e in quei mesi del 1982 tutto mi stava crollando, attorno. Mio padre stava morendo. Grazie a lui, a Paolo Rossi, ho potuto vivere momenti importanti. E poi, quando l’ho conosciuto, prima professionalmente e poi da vicino, ho capito che Paolo era convinto che se credi veramente, al 100 per cento, di poter fare una cosa, questa può diventare realtà».
IO SENZA DI LUI
«Cosa mi mancherà di più del mio amico Paolo Rossi? Tante cose. Soprattutto i suoi consigli. La sua capacità di analizzare con attenzione le situazioni - prosegue Guadagnini -. Trasmetteva energia positiva, Paolo sapeva come farlo. Ha dato felicità agli altri. Come calciatore e come persona. Capiterà di fare dei viaggi e chiedermi “ma se ci fosse stato Paolo qui con me...”». In questi anni di amicizia, Guadagnini e Rossi hanno passato del tempo anche in montagna. «Siamo stati in Trentino, ad Andalo. E poi in valle Aurina. Ma io gli dicevo, da agordino, che le vere Dolomiti erano le “mie”, dovevamo andarci insieme. L’avrei portato a vedere l’hockey, ci era capitato di seguire delle partite insieme alla televisione. Rossi era curioso, sempre, voleva capire le dinamiche degli altri sport». Grande viaggiatore, Pablito sapeva bene a cosa si riferisse il suo amico Fabio quando gli parlava delle Dolomiti bellunesi. Il suo ultimo incontro con il secondo padre, Enzo Bearzot, avvenne ad Auronzo, il buen ritiro dell’allenatore friulano che fu capace di proteggerlo contro tutto e contro tutti, accompagnandolo fino a quelle tre memorabili partite con Brasile, Polonia e Germania. Anche Fabio Guadagnini ha accompagnato Paolo, nella penultima tappa del suo viaggio terreno, prima di tornare nella sua Toscana. «Ho provato a immaginare cosa avrebbe detto se fosse stato al posto mio», conclude. E nel farlo, gli sarà apparso quel sorriso che nessuno potrà mai dimenticare.
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