LONGARONE - «Non mi hanno assunta, poi mi hanno preso in giro! Pensano che noi donne musulmane velate e ignorate, non abbiamo il coraggio di denunciare le discriminazioni. È ora di dire basta!». Assia Belhadj, 36enne italo-algerina residente a Longarone, ha rotto il silenzio sulla vicenda che l’ha coinvolta negli ultimi tre mesi. E l’ha fatto con un breve ma denso sfogo sui Social che, tra qualche giorno, culminerà con una denuncia in Procura tramite l’avvocato Enrico Rech.
«Basta lasciare perdere, basta dire che non importa – si legge nel post – Se non alziamo la voce, i nostri diritti verranno calpestati. Dobbiamo difenderli perché nessuno lo farà al posto nostro!». Tutto inizia da un annuncio di lavoro su Facebook che Assia nota il 2 ottobre scorso. Una società pugliese è in cerca di qualcuno che si occupi dei controlli covid all’interno di istituti bancari (misurazione della febbre, uso delle mascherine, rispetto del distanziamento).
L’ANNUNCIO E IL CONTRATTO
Decide di provarci: risponde all’annuncio e viene contattata da un agente responsabile per il Bellunese. Il lavoro è a Domegge di Cadore. Accetta. «Chiudiamo in fretta il contratto per bloccare il posto» le spiega l’agente. Ormai è fatta. Ma quando invia la carta d’identità, e quindi la foto che la ritrae con il velo intorno al capo, si alza un muro: «Il posto non è più libero, ci dispiace per l’equivoco».
L’annuncio scompare, ma poi viene rilanciato dalla stessa pagina Facebook. «Non ti possiamo assumere perché porti il velo» ammette in privato l’agente. È l’ultimo messaggio che Assia riceve dall’azienda, poi viene bloccata. Seguono lettere, richieste di spiegazioni e di un risarcimento simbolico. L’azienda si scusa, si dice disposta a venir incontro ad Assia e a offrirle lo stesso posto di lavoro.
DISCRIMINAZIONE RAZZIALE
«Sono passati mesi e tutto è avvolto nel silenzio – sottolinea l’avvocato Rech – Quindi faremo denuncia. Assia ha subito una discriminazione basata su motivi razziali, etnici e religiosi». Non è la prima volta che accade. C’è un’altra inchiesta, di cui si sta occupando la Digos, che riguarda le migliaia di offese che Assia aveva ricevuto su Facebook quando si era candidata alle ultime elezioni regionali. Quasi mille in 4 giorni. Proprio lei, che ha fondato un’associazione per contrastare la violenza e la discriminazione contro le donne (Aisha Belluno), ora si trova dalla parte opposta: «C’è ancora molto da fare perché le persone non vengano valutate per quello che indossano ma per le loro competenze, capacità e saperi... il velo è solo un fazzoletto che copre la mia testa, non la mia mente!».
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