Belluno, cerva investita lasciata agonizzante per strada: è morta. «Colpa della burocrazia»

Dopo l'investimento dell'animale nessuno è intervenuto neppure per l'eutanasia: è stata abbandonata al suo destino

Sabato 1 Ottobre 2022 di Daniela De Donà
Cerva (foto d'archivio)
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BELLUNO - «Solo il Gran Sasso e il Gran Paradiso sono strutturati con un loro corpo autonomo di sorveglianza, noi ci affidiamo al reparto nucleo forestale e la parte veterinaria è affidata alla Provincia. E, in questo settore, per il Parco delle Dolomiti bellunesi non c'è differenza normativa rispetto agli altri territori». A mettere in chiaro i confini di competenza è Ennio Vigne, presidente del Parco. Lo fa per rispondere allo sdegno della signora Elena Dal Don che è stata testimone di una vicenda che ha visto protagonista una cerva, lasciata morire lentamente, per una notte agonizzante, perchè non c'era il veterinario a controllarne lo stato di salute. Così, peraltro, mette in chiaro Franco De Bon, consigliere provinciale delegato per caccia e pesca: «Noi abbiamo un protocollo di intervento, su territorio cacciabile, che prevede l'abbattimento dell'animale selvatico dopo osservazione oggettiva. Ma non riguarda il Parco, perché non è zona di abbattimento». Come uscire dal questo vicolo cieco? «Il Parco, volendo, potrebbe stipulare una convenzione con un veterinario», conclude De Bon, ricordando che l'Ente Provincia, nell'ottica del benessere animale, ha stilato un accordo con Prefettura di Belluno, Ulss 1 Dolomiti e Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) per cui, in caso di animale ferito, può intervenire la Polizia provinciale, procedendo alla soppressione con metodi eutanasiaci e detrazione nel piano di abbattimento. «Se un animale selvatico non è in grado di riprendersi autonomamente è etico abbatterlo, proprio perché le cure in struttura potrebbero essere per lui di enorme sofferenza, in quanto selvatico conclude Franco De Bon - lo scopo finale, difatti, è evitare che gli animali patiscano».

Cosa è successo

Gli occhioni parlavano: soffriva per la ferita. Ma non c'era nulla da fare. La cerva, investita da un'auto in zona Candaten mercoledì sera, era destinata a morire lentamente. Elena Dal Don, moglie dell'investitore, ha assistito alla scena dolorosa: «La cerva era uscita improvvisamente dal guard rail, colpita dall'auto, ma era viva». È stata trascinata sul prato accanto e sono arrivati i carabinieri: «Gentilissimi, ma hanno detto che non potevano fare nulla, non mi hanno lasciato neppure portare una coperta per l'animale che era sotto alla pioggia, per motivi di prudenza, per non spaventarla. Mi hanno detto che se non arrivava un veterinario per valutare lo stato della cerva, lei andava lasciata così. Ma il veterinario non c'era», è il lamento della signora Elena che abita poco più in là, alla Stanga. Scriverà al presidente del Parco delle Dolomiti bellunesi, Ennio Vigne: «Proprio da qui parte la mia rabbia: non è possibile che un Parco nazionale non abbia un veterinario». Ad accorrere, con la signora, c'era anche uno dei figli: «Mi sono sentita a disagio di fronte a tale scena: ma che insegnamento passiamo ai nostri ragazzi? Quello che da adulto posso fare è non lasciare che questa vicenda passi sotto silenzio».

La mattina dopo Elena è tornata a vedere l'esito. Che possiamo immaginare.

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