Monte Grappa, camosci grandi protagonisti: «Ci aiutano a capire come cambia il clima»

Mercoledì 17 Maggio 2023 di Daniela De Donà
Camosci sul Monte Grappa

BELLUNO - I lancia siringhe per telenarcosi sono carichi. I tiratori allenati. E il Monte Grappa è pronto a trasformarsi in laboratorio scientifico.

Intanto devono essere catturati 25 camosci e 5 lupi di tre branchi diversi: verrà messo loro un collare che registrerà i movimenti. Lo scopo è capire, per i 500 camosci presenti sul Grappa, i rapporti tra temperatura, che si sta alzando, disponibilità di cibo e predazione. Con l'ipotesi che, per la popolazione di ungulati, l'ambiente boschivo ben più basso in quota rispetto alle tradizionali, possa mitigare gli effetti negativi del cambiamento climatico.

LA SQUADRA
L'operazione vede al timone Marco Apollonio, docente di zoologia dell'Università di Sassari e già consigliere del Parco nazionale delle Dolomiti bellunesi, con la Polizia provinciale di Belluno a dare man forte e le Riserve di caccia del Feltrino ad offrire collaborazione. Oltre al finanziamento del Pnrr contribuisce anche la Regione Veneto, rappresentata ieri, a Palazzo Piloni alla presentazione del progetto, da Pietro Salvadori direttore di Agroambiente con incarico su gestione ittica e faunistico-venatoria.

LA TECNICA
Il monitoraggio, che è parte del programma portato avanti dal National biodiversity future Centre, partirà, quindi, con la scelta mirata di capi da catturare. Come precisato da Lisa Azzalini e Luca Catello della Squadra Cattura del Corpo di Polizia provinciale di Belluno, grazie all'anestetico camosci e lupi verranno addormentati. Sul Grappa, ad affiancare lo staff di Apollonio, ci saranno tre tiratori, posizionati su siti idonei: ognuno verrà affiancato da un veterinario e da un osservatore che controllerà tutte le fasi. Non sarà operazione facilissima: il lancia siringhe spara alla distanza di 30 metri, non di più. Ma il camoscio, controvento, ti sente molto più da lontano. Per non dire della difficoltà di recuperarlo, si spera in luoghi non troppo impervi. Alla fine verrà posizionato il collare satellitare che ha un dispositivo che registra se un lupo si avvicina all'ungulato. E si capirà il rapporto tra camoscio e predatore.

LO STUDIOSO
Il professor Apollonio parte da una premessa: «I cambiamenti climatici ci sono sempre stati, la novità sta nella velocità che crea problemi di adattabilità». Vi è sfasamento, insomma, tra il ciclo biologico e l'aumento di temperatura: «Il picco di attività per il camoscio è tra zero e +10 gradi. Gli ungulati spendono energie nella termoregolazione e allora salgono di quota, dove, però, la quantità di cibo diminuisce o il cibo è meno adatto. Se la temperatura dell'ambiente aumenta il cibo matura prima, e non nel periodo di maggior bisogno per l'animale». Tant'è che, dal 2000 in avanti, si è creato un meccanismo per cui gli i camosci hanno peso minore.

IL BOSCO-RIFUGIO
Non ha dubbi Marco Apollonio: il Monte Grappa, con il 70% di superfici abboscate, è posto ideale per capire se a quote inferiori rispetto a quelle classiche il camoscio resiste meglio al cambiamento climatico. «Misureremo le temperature la suolo, vedremo se il bosco, con la sua ombra, può rappresentare un'area rifugio per i camosci, evitando la crisi termica», conclude il docente.

L'ANALISI SU "FRAMMENTI"
«Si tratta di un progetto unico a livello alpino», esprime soddisfazione il presidente della Provincia, Roberto Padrin sottolineando come il merito dell'operazione, con il contatto con Marco Apollonio, sia merito d Franco De Bon, già consigliere provinciale con delega a caccia e pesca. Un lavoro di tessitura che De Bon, ieri solo in veste di rappresentante della rivista "Frammenti", aveva iniziato da tempo. E che, tiene a dire «terminerà con la pubblicazione dei dati proprio sulle pagine della rivista edita dalla Provincia». Con un primo report del progetto triennale che è previsto tra un anno.
 

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