Le minacce alla ex del finto agente segreto: «Posso ucciderti con una penna»

Venerdì 30 Aprile 2021 di Davide Piol
Un agente segreto

BORGO VALBELLUNA - «Sai? Sono in grado di ammazzarti anche con una penna o un pennello». È una delle minacce che V.L., 46enne, imputato di maltrattamenti, avrebbe rivolto alla sua ex. Lo ha raccontato la giovane, 27 anni (avvocato Leonardo Marini), nell'udienza dibattimentale di ieri mattina in Tribunale a Belluno. Ha anche aggiunto che, a quelle minacce, lei ci credeva. Più volte V.L. le aveva confidato di essere un ex agente segreto e di avere contatti mafiosi in Italia e in Russia.

Mentre il suo lavoro di facciata era quello di sponsor manager tanto che nel 2018 diceva di aver un contratto di due milioni di euro con Marco Fassone, ex amministratore delegato del Milan e di altri club di serie A.


«INSEGUITO DAI MASSONI»
Che V.L. fosse un personaggio controverso non c'è alcun dubbio. Tre anni fa, insieme al 64enne imprenditore marchigiano Giuseppe Viozzi, si era rifugiato a Belluno rivelando alla Procura fatti inediti su alcune questioni di carattere nazionale (Banca Etruria, Pierluigi Boschi e truffa all'Inter). Le due gole profonde avevano svelato anche ciò che poteva essere accaduto a Emanuela Orlandi, la 15enne romana scomparsa il 22 giugno 1983. Belluno era l'ottava provincia in cui cercavano di nascondersi - «Stiamo scappando da una banda di massoni che ci vuole ammazzare» avevano dichiarato ma è stata anche la prima disposta ad ascoltarli. Nello stesso periodo sarebbero avvenuti i maltrattamenti nei confronti della giovane.


IL RACCONTO DELLA DONNA
Le due storie si sono intersecate anche ieri mattina. Seduto nei posti riservati al pubblico, nell'aula al primo piano, c'era proprio Giuseppe Viozzi. Dopo aver cercato di scattare qualche fotografia, in modo goffo e con il flash attivato, il giudice l'ha pregato di uscire dall'aula. Viozzi è anche uno dei testi del processo e come tale non avrebbe potuto assistere all'udienza. La testimonianza più lunga è stata quella della parte offesa: «Un giorno gli ho detto che ero stanca delle sue bugie e che avevo un figlio di cui occuparmi. Sono scesa per dargli il latte e V.L. mi ha puntato una pistola contro avvisandomi con le parole Non sai di cosa sono capace». Minacce di morte che avrebbe rivolto alla donna anche con un coltello. Lei, 18 anni più piccola, credeva a tutte le sue parole. Soprattutto a seguito dei racconti che le aveva confidato su presunti contatti in Russia. All'inizio semplici confidenze, poi minacce. «Quando ero incinta ho pensato spesso al suicidio e alla fine mi sono fatta aiutare» ha ricordato la giovane.


I CONTATTI CON FASSONE
Ma le storie dell'imputato avevano un fondo di verità o erano inventate? Prendiamo il famoso contratto con Marco Fassone. In ballo due milioni di euro che sarebbero dovuti entrare nelle tasche di V.L. per avere aiutato l'ex amministratore del Milan nella scelta di alcuni giocatori. «Era una contratto falso ha spiegato la 27enne Nel computer ho trovato diverse copie non compilate di quel contratto. E file contenenti la firma di Fassone che poteva essere aggiunta facilmente a qualsiasi documento». V.L., come emerso ieri in dibattimento, non aveva alcuna fonte di reddito. Dopo aver vissuto un paio di mesi dalla suocera, si era spostato fuori provincia insieme alla giovane. Ma le cose non erano cambiate: «Una volta cercò di strangolarmi. Gli dissi che avevo nascosto dei soldi, circa 700 euro, per paura che mi portasse via anche quelli». L'imputato, ieri mattina, era presente in aula. Ha ascoltato in silenzio tutte le testimonianze accanto al suo avvocato Piero Tandura, scuotendo ogni tanto la testa in segno di disapprovazione. Si tornerà in aula il 19 ottobre con i testi della difesa.
 

Ultimo aggiornamento: 10:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci