BELLUNO - Il destino della neurologia in provincia di Belluno è avvolto nella nebbia, nonostante le risorse impiegate da più parti, da quelle dell'azienda sociosanitaria a quelle politico-amministrative, per risolvere positivamente la vicenda.
LA QUESTIONE
Ricordiamo che il problema nasce dalla carenza di neurologi in provincia e si sta valutando la possibilità di chiudere il reparto di Feltre e concentrare tutto a Belluno, dove diversi camici bianchi andranno in pensione.
LE TESTIMONIANZE
«Siamo sempre stati seguiti in maniera adeguata e puntuale nel reparto di neurologia dell'ospedale San Martino della nostra città raccontano Gianni Burigo e Federica Teza di Belluno, entrambi con la sclerosi multipla da circa trent'anni e con alle spalle una vasta e completa esperienza sulla patologia . Abbiamo quindi appreso con sgomento e incredulità la notizia dell'imminente chiusura di tale fondamentale reparto. Come faremo noi e le numerose altre persone affette da malattie neurologiche croniche ad accedere alle terapie? Cosa succederà in caso di eventi acuti riguardanti il sistema nervoso, per trattare i quali è indispensabile intervenire tempestivamente? Come è possibile privare una città capoluogo di un così importante reparto?». Domande che pesano come macigni e che attendono una risposta. La provincia di Belluno, come noto, è molto vasta e anche disagiata dal punto di vista ambientale e climatico. «È già gravoso continuano Gianni e Federica per molti pazienti riuscire a raggiungere il nostro ospedale. Costringere addirittura persone ammalate a sobbarcarsi lunghi viaggi per potersi curare è una cosa vergognosa, incivile e crudele. L'ospedale di Belluno, anche se distante dalle zone periferiche della provincia, è comunque situato in una posizione centrale rispetto al Cadore e al Feltrino, solo per fare un esempio. Abbandonare completamente a se stessi gli abitanti della provincia ci sembra un'eventualità improponibile per un Paese civile».
"GLI SCLERATI DEL COMELICO"
Dal capoluogo alla periferia è un atta stessa preoccupazione si respira nell'Alto Piave, dove un gruppo di amici, accomunati dalla patologia, condividono il percorso nel gruppo "Gli Sclerati del Comelico", basiti dalla difficile situazione e dal rischio di chiusura. «La nostra speranza affermano di andare verso un miglioramento delle prestazioni mediche e dei servizi erogati subisce così un'ulteriore battuta d'arresto. La nostra patologia spesso comporta problemi di spostamento, specialmente nella stagione invernale, mettendo anche in difficoltà le associazioni di volontariato presenti sul territorio del Comelico e del Centro Cadore che ci prestano aiuto, intaccando ulteriormente le loro risorse economiche. Per noi pazienti, pensare che anche solo gli spostamenti per le visite di controllo e le terapie comportino viaggi più lunghi rende tutto più stressante, debilitante e difficoltoso». Prima della pandemia era possibile effettuare visite anche presso l'ospedale Giovanni Paolo II di Pieve. «Pensare che per qualsiasi problema neurodegenerativo un paziente debba essere trasportato in una struttura esterna alla provincia di Belluno ci sembra non in linea con gli obiettivi regionali aggiungono gli amici del Comelico . Il ricovero di un malato, soprattutto se anziano, in zone lontane dalla propria residenza mette a dura prova la vicinanza dei familiari nel momento di maggior bisogno. La nostra speranza è che tutta la situazione venga presa in considerazione, così da non creare problemi e disservizi per chi è già gravato dalla malattia».
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