Spari contro i lupi in Veneto: è la prima volta che succede in Italia Cosa è successo

Martedì 9 Novembre 2021 di Alda Vanzan
Spari contro i lupi in Veneto: è la prima volta che succede in Italia
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I lupi possono diventare confidenti. Cioè avvicinarsi alle abitazioni e agli allevamenti, non temere l'uomo. E allora, in questi casi, si può sparare. Non con i classici pallettoni, perché i lupi in Italia sono specie protetta dal 1971 e chi li ammazza rischia l'arresto, ma con proiettili di gomma. È successo lo scorso 19 agosto in Veneto ed è stata la prima volta in Italia. L'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) aveva dato l'autorizzazione a sparare a un preciso branco di lupi che stazionavano a dieci metri dalla porta dell'abitazione del pastore. «Il lupo colpito non è stato ferito, ma si è allontanato verso nord e con lui l'intero branco. Nei 15 giorni successivi non ci sono stati più fastidi al pascolo e, dato ancora più importante, i lupi hanno ripreso a predare gli animali selvatici», ha raccontato il professor Marco Apollonio, ordinario del dipartimento di Medicina veterinaria dell'Università di Sassari che ieri, alla riunione - la prima della legislatura - del Tavolo regionale di partecipazione e informazione per la gestione del lupo e dei grandi carnivori ha presentato i risultati di una ricerca iniziata nel 2018 e finanziata dalla Regione con 294mila euro. Una ricerca che ha portato anche ai proiettili autorizzati e sparati da personale già formato delle Polizie provinciali di Belluno e di Vicenza. «Attualmente l'utilizzo dei pallini di gomma deve essere autorizzato dall'Ispra in presenza di lupi confidenti - ha detto l'assessore regionale Cristiano Corazzari - ma al ministero stanno predisponendo delle linee guida che prevederebbero l'ok della Regione».

LA RICERCA

La telemetria proattiva finanziata dalla Regione prevede il controllo dei lupi attraverso i satelliti.

Tra il 2019 e il 2020 sono stati catturati 6 esemplari cui è stato messo un collare Gps in grado di comunicare la posizione e interagire con dei sensori posizionati in alcune aziende zootecniche. I sensori, assieme alle recinzioni virtuali disegnate intorno a malghe e pascoli, hanno permesso di segnalare in automatico attraverso un sms l'avvicinamento del lupo e attivare un sistema di allerta con luci e suoni. Solo 3 collari hanno funzionato a lungo - e uno dei tre ce l'aveva addosso il maschio dominante del branco sul Monte Grappa, uno ce l'aveva una femmina sempre dello stesso branco, il terzo era di un esemplare nella zona di Asiago - perché gli altri si sono scaricati. «Abbiamo controllato i movimenti di questi tre lupi per 140 notti attraverso le recinzioni virtuali e per 75 notti con i sensori di prossimità - ha detto il professor Apollonio -. I risultati sono stati ottimi: nel caso dei sensori di prossimità, nell'89% dei casi il predatore ha desistito ad attaccare, mentre per le recinzioni virtuali il dato è dell'82%». Non attaccavano, ma non sempre se andavano. Il caso limite è stato quello del lupo munito di collare che, disturbato dai sensori rumorosi, è rimasto a pochi metri dall'abitazione del pastore assieme al resto del branco. «Senza contare che le pecore nel recinto erano così spaventate - ha raccontato il docente - che correndo calpestavano gli agnellini». Così, con l'ok dell'Ispra, si è passati al fucile. Con pallini di gomma. «E ha funzionato».

Ultimo aggiornamento: 11 Novembre, 10:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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