La pandemia mette in crisi il lavoro: «Si perdono dodici posti al giorno»

Giovedì 5 Novembre 2020
La pandemia mette in crisi il lavoro: «Si perdono dodici posti al giorno»

BELLUNO Immaginate una platea con migliaia di spettatori.

Ogni giorno 12 persone scompaiono e altrettante poltrone rimangono vuote. Immaginate che accada in modo costante per due anni. Alla fine di questo periodo mancherebbero all'appello 8.571 spettatori. È lo scenario peggiore, ma anche il più probabile, emerso dall'ultimo rapporto Cerved Pmi che fotografa l'evoluzione delle piccole e medie imprese nel 2019 e nella prima parte del 2020, con proiezioni sugli effetti dell'emergenza sanitaria relative a tutte le imprese italiane.


I DATI

Il numero 8.751 si riferisce ai lavoratori bellunesi che rischiano di perdere il lavoro entro il 2021. Lo studio ha preso in considerazione due prospettive diverse che partono, ovviamente, da punti di vista differenti. Da una parte c'è lo scenario base che si sviluppa dall'idea di una ripresa graduale dell'economia. È la versione ottimista. Dall'altra c'è lo scenario denominato worst (peggiore in italiano) che immagina, invece, nuovi lockdown e nuove restrizioni. In provincia di Belluno le piccole e medie imprese possono contare su 70mila lavoratori. Tra il 2020 e il 2021, secondo lo scenario base, si perderanno all'incirca 6.526 posti di lavoro. È il 9,3% del totale. Già questo primo dato urla a gran voce le enormi criticità che, nella migliore delle ipotesi, dovranno affrontare le imprese bellunesi a causa del covid-19. Nello scenario peggiore, invece, il rischio è che rimangano senza lavoro 8.571 persone, cioè il 12,2% degli attualmente occupati.


LA COMPARAZIONE

Il dato bellunese è tra i peggiori del Veneto. Lo supera, di un punto percentuale, solo quello veneziano. Rimangono delle proiezioni, in entrambi i casi negative. Qual è, però, la più veritiera? Coloro che hanno compilato il rapporto non hanno dubbi. «Per come stanno andando le cose spiegano lo scenario peggiore si sta rivelando il più probabile. Nuovi lockdown, nuove chiusure. È sicuramente questo che avevamo in mente con lo scenario worst». A livello nazionale i dati non migliorano affatto. Finora gli impatti della pandemia sono stati mitigati dai provvedimenti di emergenza, come l'estensione della cassa integrazione e gli interventi sulle garanzie pubbliche. Ma cosa accadrà quando cassa integrazione, blocco dei licenziamenti e garanzie sui prestiti saranno interrotte e non sostituite da altre eventuali politiche di sostegno straordinarie? Una simulazione condotta su tutte le aziende iscritte al Registro delle Imprese (che occupano 16,7 milioni di addetti) e basata sull'impianto del covid-assessment indica che potrebbero andare persi 1,4 milioni di posti di lavoro (l'8,3% degli occupati a fine 2019) tra uscita dal mercato delle società più fragili e ridimensionamento dovuto al ridotto giro d'affari. La cifra salirebbe a 1,9 milioni (-11,7%) nel caso di nuovi lockdown. Il tasso di occupazione si ridurrebbe dal 44,9% al 42,5% nello scenario base, scendendo fino 41,4% qualora si verificassero nuove chiusure. Insomma: una catastrofe.


LE RIPERCUSSIONI

Gli effetti sarebbero particolarmente consistenti per le piccole imprese e per quelle che operano nel sistema moda, nella siderurgia, nella logistica e trasporti e in alcuni servizi alle persone. Solo nella ristorazione si potrebbero avere 432 mila posti di lavoro in meno. Nuovi lockdown farebbero aumentare questa stima a 667 mila. Ci sono però dei settori che non solo resisteranno ma avranno bisogno di nuova forza lavoro: la distribuzione alimentare moderna, con un aumento tra le 11 e le 13mila unità (+1,4% e +1,6%), il commercio on-line (tra il +5,2% e il +6,4%), e le specialità farmaceutiche, circa 1.000 addetti in più.
Davide Piol 

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