Lattebusche cresce anche con la crisi: «Il segreto? Solo latte bellunese»

Mercoledì 7 Dicembre 2022 di Giuditta Bolzonello
Antonio Bortoli DG di Lattebusche e il direttore del gazzettino Roberto Papetti

LONGARONE - Se di eccellenze bellunesi si vuole parlare, la Lattebusche si deve invitare. Ed è quanto hanno fatto i Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Belluno nell'ultima tappa del roadshow sulle imprese più dinamiche del Veneto che si è svolta in Fiera a Longarone. La presenza del direttore Antonio Bortoli è una sicurezza non solo per i suoi 48 anni di impegno nell'azienda ma soprattutto per la passione con la quale ne parla. E c'è un dato che ha fornito con grande soddisfazione: «Abbiamo fatto ben 23 fusioni, ma tutte per incorporazione, non volevamo perdere potenzialità ed identità». Una testimonianza a tutto campo grazie alle domande di Roberto Papetti, direttore del Gazzettino, che ha proposto una sintesi di quella che è una realtà imprenditoriale di grande rilevanza non solo nel bellunese.

LA STORIA
Lattebusche è azienda nata nel 1954, ha sei unità produttive per la lavorazione dal latte al formaggio al gelato; nel 2021 sono stati 116 i milioni di fatturato con quasi 300 dipendenti.

Ma come si declina il concetto di innovazione e digitalizzazione in un settore che fa della tradizione e del legame con il territorio uno dei suoi tratti caratteristici? Bortoli non si sottrae alla domanda di Papetti: «Da quando ho iniziato a lavorare ho sempre considerato vecchio il modo di pensare ed agire nel nostro settore ma, dopo la grandissima difficoltà del settore lattiero caseario, in tutto il Paese ma in particolare nel Bellunese, era il 1980, abbiamo deciso di fare qualcosa di innovativo: puntare sulla qualità che in quegli anni non era scontato».

LA LUNGIMIRANZA
In quel preciso momento Lattebusche ha guardato avanti, ha cercato di capire i desideri del consumatore, gli interessi della grande distribuzione che cresceva molto. Bortoli: «Per noi innovazione voleva dire qualità, siamo stati i primi in Italia nel 1982 a remunerare il produttore in base alla qualità del latte, ma innovazione è stata anche la scelta del nome, Lattebusche, e con un logo nuovo ed accattivante che preferiva colori come l'azzurro mentre Galbani e Parmalat puntavano sul rosso». La scelta, che all'epoca sembrò azzardata, puntare sulla freschezza, premiò l'azienda, «è sulla freschezza che siamo cresciuti, in brevissimo tempo siamo riusciti a produrre 400 quintali di latte al giorno in una Provincia che non aveva a disposizione nei negozi il latte fresco».

LE FUSIONI
Ma la vera innovazione è stata la decisione di varcare i confini. «La Provincia per noi sarebbe stata una bara, nell'85 dopo aver unito il Bellunese, con il 90% del latte prodotto, siamo usciti, abbiamo acquistato un'azienda a Montebelluna e poi fusioni e accordi e la produzione nuova: il gelato. La Lattebusche è la prima azienda del settore in Italia ad aver prodotto il gelato». La storia continua con altre fusioni, altri successi e la gamma di prodotti si allarga e comprende ben quattro Dop con il blasonato formaggio Piave che è diventato il prodotto simbolo della Provincia: fatto solo con latte bellunese.

LATTE DOC
Ma non è bastato, si è deciso di fare solo latte biologico, tutti i produttori, da Cortina a Pedavena, rispettano i regolamenti ed alimentano i capi in maniera biologica, «in due anni e poco più abbiamo superato i due milioni di fatturato con questo prodotto, non è poco per un latte che è venduto a 2,20 euro al litro, così possiamo pagarlo ad un prezzo che consente a chi lo produce di restare sul territorio, questa è una delle azioni più importanti come non aver mai usato un litro di latte straniero, lavoriamo solo materia prima del nostro territorio nello stabilimento di Lattebusche».

CONTINUA CRESCITA
E la recente crisi non ha spaventato l'azienda anzi, tutto è aumentato, anche i prezzi dei prodotti ma non sono diminuite né le vendite né il fatturato, il 2022 chiuderà con più di 130 milioni di euro. Pensando al proseguo, al nuovo anno l'aumento che più influirà sarà quello energetico, «dobbiamo mettere insieme i maggiori costi dei nostri produttori di latte e i nostri maggiori costi di lavorazione e poi la materia prima scarseggia, la manodopera pure». Insomma le difficoltà ci sono ma c'è anche la sensibilità verso il territorio, durante la pandemia Lattebusche è stata vicina ai sanitari ora sostiene chi è colpito dalla povertà.

 

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