William, l'unico italiano al centenario della Vasaloppet: «Catrame al posto della sciolina e sci d'epoca, ma sono arrivato in fondo»

Martedì 15 Febbraio 2022 di Raffaella Gabrieli
William Da Roit unico italiano al Giubileo della Vasaloppet, accompagnato dall'amico Federico de Col

LA VALLE AGORDINA - Unico portacolori dell’Italia alla “Vasaloppet”, William Da Roit ha concluso una vera e propria impresa: novanta chilometri di corsa con gli sci di fondo a -15 gradi, in Svezia, tra il villaggio di Sälen e la città di Mora. Una maratona sciistica massacrante disputata in condizioni estreme che quest’anno festeggiava il secolo. «Emozioni ai massimi livelli - il commento del panettiere 54enne “El forner” di La Valle Agordina di rientro a casa proprio oggi dopo un giro ieri a Stoccolma - Adesso mi concederò un paio di giorni di riposo e poi via verso nuove avventure».

LA STORIA La “Vasaloppet” è una gara di sci di fondo su lunga distanza che si svolge annualmente nella regione della Dalarna, in Svezia, tra febbraio e marzo. Nacque nel 1922, ispirandosi al percorso che il futuro re Gustavo Vasa aveva compiuto nel 1520. «L’edizione di quest’anno è stata particolare, unica - afferma Da Roit - Per i 100 anni è stata chiamata “Jubileumsvasan”, cioè la Vasaloppet del Giubileo. Gli organizzatori hanno invitato 139 concorrenti, stesso numero della prima edizione. Tra questi, io sono stato l’unico italiano in gara». Ad accompagnare Da Roit il compaesano Federico De Col che la Vasaloppet “classica” l’ha corsa. «Questa volta Federico mi ha fatto da assistente - spiega l’atleta -; è stato prezioso e puntuale nei tre punti di controllo dove, parlando con gli ski man, è riuscito a risolvermi vari problemi dovuti al ghiaccio e alla neve che avevano “aggredito” i miei sci. Se sono arrivato al traguardo è anche merito suo».

L’ABBIGLIAMENTO Gli organizzatori, per questo giubileo, hanno voluto ricreare un contesto uguale alla prima edizione del 1922. Oltre all’invito a soli 139 atleti, l’abbigliamento e l’attrezzatura richiesti dovevano rispecchiare la moda e la tecnica degli anni Venti del secolo scorso. «Non è stato difficile recuperare questo materiale - dice - perché la mia è una famiglia di fondisti: basti pensare che mio papà Ovidio è stato presidente dello Sci Club La Valle Agordina per 40 anni. Mi è bastato andare nella sua soffitta per trovare un paio di sci che custodiva gelosamente. Ho trovato anche pantaloni e golfino, anche se sotto di questi ho indossato dei capi tecnici che mi hanno salvato dal freddo. Sabato 12 febbraio, giorno della competizione, alla mattina c’erano -15 gradi ma poi via via la temperatura si è alzata. Ha nevicato e anche piovuto. Ai punti di rifornimento da mangiare trovavamo pane e lardo mentre al posto della sciolina del catrame».

LA FILOSOFIA «Questa - sottolinea Da Roit - è una gara leggendaria. Gli organizzatori mi hanno invitato perché sanno quant’è grande il rispetto che nutro per lo sci di fondo e per la sua storia e anche perché sul braccio destro ho tatuata la scritta che c’è al traguardo a Mora. La traduzione in italiano dice “Sulle orme dei padri per le vittorie future”. L’ho fatta nel 2010 per una scommessa, al termine della mia prima “Vasaloppet”: il giorno prima della gara c’erano -30 gradi e ai miei amici ho detto: se riesco a finirla con questo freddo e non subisco amputazioni mi faccio tatuare quello che c’è scritto al traguardo. E così è stato». «I fondisti di lunga distanza devono essere persone molto strane - ironizza - Devi volerlo fare davvero. Non devi vincere o battere qualcuno, devi solo superare la cosa. Arrivare al traguardo e prendere la tua medaglia. Una sfida con sé stessi più che con gli altri. Anzi, con gli altri, di provenienza internazionale, in queste gare si creano legami indissolubili. Ad esempio faccio parte del Team Long Distance Agordino che ogni anno organizza una trasferta in vari posti del mondo dove puntualmente troviamo i nostri amici fondisti»

Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 10:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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