Sta per andare in pensione ma l'Inps la gela: c'è un buco di 12 anni di contributi. Lei si mette a piangere

Sabato 3 Aprile 2021 di Davide Piol
Sta per andare in pensione ma l'Inps la gela: c'è un buco di 12 anni di contributi. Lei si mette a piangere
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BELLUNO - «Visto che sono qui, ne approfitto: quando andrà in pensione mia moglie? Dovrebbe finire nel 2021 come me». «Si sbaglia, a sua moglie mancano ancora 12 anni». Quando ha ricevuto questa risposta, Edi Micacchioni, ex commerciante di Mel, ha pensato a un errore dell'Inps. In fondo, tra le migliaia di migliaia di scartoffie e documenti telematici, l'inesattezza può capitare. Così ha letto di nuovo il codice fiscale della moglie. Ma la risposta è rimasta la stessa: «Pensione nel 2032».

Niente Pensione

Allora si è fatto consegnare l'estratto conto previdenziale e ha scoperto un buco di 12 anni, dal 1982 al 1993, in cui non sarebbero stati versati i contributi. «Mia moglie si è messa a piangere. Ora è a casa, non ha più un lavoro e non può andare in pensione». Per capire cosa potrebbe essere accaduto a Nilde Barp, 57enne di Mel, bisogna tornare indietro nel tempo fino al 1979.

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Buco nei registri Inps

In quell'anno Nilde, 16 anni appena compiuti, cominciò a lavorare come contadina per le sorelle Maria e Luigia Bacchetto che avevano un'azienda agricola in via Fratti (sempre a Mel). Insieme a lei, i suoi genitori e lo zio, nel cui estratto conto previdenziale compare lo stesso buco di 12 anni. Dopo la morte delle sorelle Bacchetto nel 1993 la proprietà fu lasciata ai preti del paese che, però, decisero di venderla. Nilde cominciò a lavorare con il marito, che aveva un'azienda a Mel chiusa il 28 febbraio scorso quando Edi è andato in pensione. «Ogni anno le sorelle Bacchetto le dicevano di aver pagato i contributi. Erano benestanti, è impossibile che dal 1982 al 1993 non l'abbiano fatto», spiega il marito della donna. Di cartaceo è rimasto ben poco: il libretto colonico dell'azienda agricola, compilato a mano, e le ricevute di tre anni di contributi, cioè 1990, 1991 e 1993, versati a Scau (ex Inps) dalle sorella Bacchetto. Nemmeno questo periodo compare nei registri dell'Inps. Secondo il legale a cui si è rivolta Nilde Barp si tratta di documenti che valgono poco e che non riescono a dimostrare nulla.

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«Tuttavia è strano spiega l'avvocato Giorgio Azzalini di Dolomiti legal che le sorelle Bacchetto abbiano versato i contributi prima e dopo quel periodo e non durante. È probabile che nel passaggio da Scau a Inps la catalogazione dei contributi abbia risentito di una sorta di negligenza burocratica».

La prova che sia andato effettivamente in questo modo non c'è. Nei registri dell'Inps rimane un buco di 12 anni. «Sarebbe da andare a vedere se è rimasto qualcosa nei vecchi magazzini di Scau a Roma». Per questo motivo l'avvocato Azzalini lancia un appello ai parlamentari bellunesi. L'obiettivo è duplice. Da una parte «capire se è un caso isolato e chiedere aiuto». Dall'altra «attivarsi a Roma e scoprire cosa ne è stato dei documenti di Scau». Il marito di Nilde Barp racconta di essersi rivolto a tutti: patronato Inac, Inps, sindaco e avvocati. E di aver provato a chiedere, per conto della moglie, l'indennizzo di chiusura attività che le permetterebbe di avere un'entrata costante di 516 euro al mese fino ai 67 anni. Ad oggi non hanno ricevuto alcuna risposta. 

Ultimo aggiornamento: 5 Aprile, 15:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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