Morti covid in casa di riposo, primo caso archiviato: «Imprevedibile, si procede solo per colpe gravissime»

Lunedì 19 Aprile 2021 di Olivia Bonetti
Nessun colpevole per il contagio e morte di una 98enne alla Padre Kolbe di Pedavena

BELLUNO - «Per l’eccezionalità e imprevidibilità della situazione una eventuale responsabilità dei sanitari e dei dirigenti della rsa dovrebbe essere limitata ai soli casi di colpa gravissima». Parla chiaro la Procura e fa capire quale sarà la sua linea sulle morti Covid della prima ondata. Lo dice nella richiesta di archiviazione dell’inchiesta aperta per una delle anziane ospite della Padre Kolbe di Pedavena, decedute con il virus.

Nessun colpevole per il decesso della 98enne Clara Trevisson, avvenuto quasi un anno fa. La donna aveva una salute di ferro fino agli ultimi drammatici giorni. Da qui la decisione della figlia di presentare un esposto in Procura per vederci chiaro e capire se c’erano responsabilità di quel contagio della mamma, avvenuto in circostanze mai chiarite. Il sostituto procuratore Simone Marcon, che si è occupato del caso, non ha dubbi: nessun colpevole nella prima ondata pandemica così imprevedibile. La famiglia non si è opposta all’archiviazione e il caso è chiuso, come sarà forse anche per le altre inchieste nate per i decessi nella prima ondata.


IL CASO

Quella sulla morte di Clara Trevisson fu la prima segnalazione, con la richiesta di indagare, arrivata agli inquirenti bellunesi da un parente delle vittime di Covid. L’ipotesi di reato era omicidio colposo, commesso nell’esercizio della professione sanitaria. Dopo quel caso numerose le denunce per i morti alla Padre Kolbe e a Trichiana. Ma le parole scritte dal pm Marcon nella richiesta di archiviazione del caso Trevisson non lascerebbero spiragli per far pensare che qualcuno di questi fascicoli possa andare verso il giudizio. L’inchiesta era stata aperta contro ignoti e qualche mese dopo venne chiusa. La Procura nel valutare profili di colpa dei responsabili amministrativi della casa di riposo Padre Kolbe, nonché del personale sanitario della struttura e quello dell’ospedale di Belluno che ebbe in cura l’anziana premette che «si impongono grandissima cautela e prudenza», precisando che «la presente vicenda è strettamente legata alla pandemia da Covid 19» e «l’eccezionalità e imprevedibilità della medesima pandemia, soprattutto nella cosiddetta prima fase, le scarse conoscenze del virus e della malattia, la mancanza di precisi protocolli operativi, ovvero l’elaborazione ancora in corso dei medesimi, la carenza di mezzi (test sierologici, tamponi eccetera) e strutture, la scarsità di personale medico-sanitario, di terapie certe».


SENZA COLPE

Passando poi al caso dell’anziana morta sottolinea come la casa di Riposo avesse chiuso alle visite degli esterni e vietato l’ingresso ancora il 5 marzo 2020 e che «anche in precedenza dal mese di febbraio il personale aveva in uso mascherine chirurgiche». Spiega infatti che la rsa aveva adottato tutte le misure, procedure e protocolli regionali anti-coronavirus, adottati i necessari dpi e integrato il Dvr (Documento valutazione rischi) proprio in relazione alla pandemia e rischi correlati. Si ricorda inoltre che nel blitz dello Spisal (in quel periodo ci fu in tutte le case di riposo con maxi-focolai) effettuato il 6 maggio 2020 non si rilevò «a quanto è dato di capire, particolari criticità o violazioni gravi dal punto di vista igienico e della sicurezza». Si spiega come vennero effettuati test e tamponi. Si prosegue dicendo che dagli atti acquisiti e «anche dalle preliminari valutazioni della Commissione speciale d’inchiesta sulla gestione delle rsa e delle case di riposo in Veneto» emerge che da parte delle istituzioni è stato compiuto ogni sforzo per fronteggiare al meglio, nei limiti in cui l’eccezionalità della situazione consentiva, la pandemia. E conclude che per ilo profilo penale «la colpevolezza proprio l’eccezionalità della situazione dovrebbe essere limitati ai soli casi di colpa gravissima che in quel caso non si ravvisa».

GLI ALTRI FASCICOLI

Prima di quel caso l’unico fascicolo aperto, era un’indagine conoscitiva coordinata dal procuratore Paolo Luca, partita dagli articoli di stampa sulla catena di morti nelle case di riposo, in cui era confluita anche la lettera degli operatori della casa di riposo di Trichiana, altro centro per anziani finito alle cronache per la catena di contagi e morti. In quel caso (era sempre circa un anno fa, fine aprile 2020) 32 dei 42 operatori sociosanitari della struttura di Trichiana lamentavano il fatto di essere stati lasciati soli senza strumenti per combattere il virus. Poi, dopo quello per la morte alla Padre Kolbe ora archiviato, anche quello per un decesso alla casa di riposo di Trichiana. L’anziana, che aveva 93 anni, è deceduta il 22 aprile 2020 nella struttura. Ma la Procura ha chiarito nell’archiviazione quale sarà la linea per le vittime della prima ondata e tutto lascia pensare che anche quei fascicoli andranno verso l’archiviazione.

Ultimo aggiornamento: 18:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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