La povertà deve fare i conti con la burocrazia: l'esempio a Mussoi

Lunedì 6 Gennaio 2020 di Daniela De Donà
Frate Sandro Periotto
BELLUNO - A lui, cappuccino, fa capo, a Belluno, la mensa dei poveri. Fra’ Sandro Periotto traccia il ritratto della povertà nel 2019, ma va giù chiaro, pure, su una questione che, più della mensa, fatica a gestire: il volontariato. «Ci sono, tra gli ospiti del refettorio, coloro che vorrebbero dare una mano, in certo qual modo volendo ripagare il pranzo – sono le sue parole – si tratta dei brasiliani discendenti di italiani. Sono giovani, sono disponibili, aperti all’amicizia. Chiedono di potersi rendere utili, ma più di qualche piccolo servizio non mi sento di affidare loro». Non hanno carta d’identità, meno che meno codice fiscale: «La nostra associazione di volontariato “Amici di San Francesco” prevede che per iscriversi ed avere, quindi, la copertura assicurativa, servano, per l’appunto, codice fiscale e carta di identità – precisa il frate che è parroco della parrocchia di Mussoi – per la nostra legislazione il volontario va messo in regola, ma nella situazione in cui si trovano più di tanto non possono fare». Ecco che i brasiliani in attesa di essere in regola si sono dati da fare per allestire il presepe, hanno fatto da lavavetri nei locali della parrocchia, si sono dedicati alla pulizia del convento. «Niente di più. Il mio problema è: se si fanno male? Chi deve rispondere?». 
MENSA SEMPRE APERTA
Uno più, uno meno, sono una trentina. Ad attendere che, alle 11.30 precise, si apra la porta del refettorio del convento dei frati ci sono uomini e donne, giovani ed anziani. Dai cappuccini di Mussoi, si sa, un pasto caldo quotidiano è garantito. E’ fra’ Sandro, il parroco, ad avere il polso della situazione povertà: «Di fatto, negli ultimi tre anni, la situazione non è cambiata. Stanno aumentando le presenze, ma non di molto». Lo zoccolo duro, tra gli avventori, è rappresentato dal gruppetto di indigenti, sempre presenti da anni. Il parroco sa poco di loro perché, per regola, i frati non chiedono nulla a chi si presenta a mangiare nel convento: «Sono bellunesi. In tutto una decina. Pranzano qui, poi alcuni vanno a dormire nell’atrio dell’ospedale, un paio trovavano un letto nella casa che c’era sotto al ponte degli alpini, altri hanno quel po’ di pensione che permette di mantenere una casa propria». In totale la signora che funge da cuoca prepara trenta pasti al giorno. «Dieci sono destinati alle badanti, per lo più dell’Est Europa, a volte arrivano quando perdono il lavoro e attendono di trovare un’ altra occupazione». Fra’ Sandro non nasconde la difficoltà sua e del gruppo di persone che si dedica all’accoglienza nella mensa: «Facciamo fatica con le badanti ad instaurare un dialogo che vada al di là del bisogno immediato». 
POVERTA’ NASCOSTA 
Ci sono trenta nuclei familiari che, ogni quindici giorni, trovano in convento una borsa della spesa con generi alimentari di base: «E’ un aiuto che, in accordo con la Caritas e con le altre parrocchie, è destinato solo a chi è residente nella parrocchia, previo un colloquio conoscitivo avuto con il gruppo di volontari che si dedica ai bisognosi». Il cappuccino mostra gli scaffali della dispensa. Pare proprio che a Mussoi la Provvidenza sia di casa. Ecco pasta, riso, tonno, olio, pelati: «La gente è generosa, dona una quantità di cibo che ci permette di dover acquistare solo gli alimenti freschi, dalla verdura alla frutta alla carne». 
Ultimo aggiornamento: 08:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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