Frana di Cancia, la sentenza: «Gli errori sono solo del Comitato esperti»

Venerdì 31 Agosto 2018 di Olivia Bonetti
Frana di Cancia, la sentenza: «Gli errori sono solo del Comitato esperti»

BELLUNO - La frana di Cancia? Era imprevedibile e se proprio si devono cercare degli errori ricadono sul Comitato degli esperti. Non ci va per il sottile la Cassazione, che lo scrive nero su bianco sulle motivazioni della sentenza di completa assoluzione per i tre tecnici della regione che realizzarono la vasca di contenimento killer. Nella notte tra il 17 e il 18 luglio del 2009, sotto una pioggia torrenziale, una impressionante colata di detriti si staccò dal versante sudoccidentale del monte Antelao, che sovrasta l'abitato di Cancia, provocando il collasso e il crollo della vasca di contenimento e uccidendo due persone: l'anziana Giovanna Belfi e il figlio Adriano Zanetti, sorpresi nel sonno all'interno della loro abitazione. Il procedimento penale era rimasto pendente per i tecnici della regione: Sandro De Menech, di Agordo, Ermanno Gaspari di Cortina, Alvise Lucchetta, di Canale d'Agordo, Antonino Buttacavoli e Luigi Asciutto. Tutto per il ricorso proposto in Cassazione dal Comune di Borca.
 
LA FINEOra la Suprema Corte, nelle motivazioni della sentenza pubblicate ieri, scrive: «Anche a volere ammettere errori valutativi in ordine al carattere prevedibile o meno della frana di Cancia del 2009, tali errori ricadono sul Comitato di esperti e non possono essere addebitati ai progettisti della vasca provvisoria». E ancora: «La vasca provvisoria, secondo i periti, dal punto di vista progettuale, era concettualmente adeguata. Nè la progettazione dell'opera merita censura».
LA VITTORIA«Questa - commenta l'avvocato Luigi Ravagnan di Venezia che difende il progettista agordino Sandro De Menech - è una vittoria finale su tutta la linea e finalmente dopo tutti questi processi abbiamo la parola fine e ne usciamo a testa alta. Ma questi 8 anni, dal 2010 quando partì il primo processo sono stati pesanti, per dei funzionari che vivono del loro onesto lavoro assumendosi delle responsabilità. Sono orgoglioso di aver difeso De Menech e di questo risultato processuale, da cui è emerso che non hanno nessuna responsabilità». E ancora l'avvocato Ravagnan: «È stato del tutto escluso una qualsiasi responsabilità dei tecnici regionali. I giudici della Suprema Corte hanno fatto anche un'ampia disamina del nesso di causalità escludendolo. Le responsabilità non erano dei tecnici, che hanno operato perfettamente come confermato dai periti, ma sono scelte che ha fatto comitato».
LE SPESEMa il Comune ne esce bastonato. La Cassazione ha respinto il ricorso e condannato il ricorrente, covvero Borca, al pagamento delle spese processuali. Si tratta di una botta di oltre 10mila euro, comprensiva della perizia fatta in Appello dai due tecnici incaricati dalla Corte. «È una sentenza strana - commenta l'avvocato del Comune, Gianfranco Tandura - avevamo portato sentenze delle Sezioni Unite secondo cui si condannavano alle spese tutti i soccombenti, non solo la parte appellante. Invece le spese sono state messe a carico solo del Comune e non si dice neanche perché. Non motivano perché il giudice della Cassazione va contro un orientamento consolidato». 
ANNI DI PROCESSIQuella della Cassazione è la quinta assoluzione per l'imputato De Menech, ad esempio, che non è mai stato condannato in 5 processi.

Un tormento iniziato nel maggio del 2010, alla chiusura delle indagini della disastro di Cancia. Il caso iniziò con un «non doversi procedere», senentenziato dal giudice in udienza preliminare per tutti gli imputati per l'accusa di disastro colposo. Si è celebrato invece il processo per l'accusa di omicidio colposo plurimo nei confronti dei tecnici della regione (De Menech, Gaspari, Lucchetta) e nei confronti sindaco di Borca e capo ufficio tecnico. Nel frattempo contro il non doversi procedere le parti civili ricorrono in Cassazione. A quel punto c'è da una parte il processo per omicidio colposo plurimo e dall'altra quello per disastro colposo. Da lì una catena di assoluzioni fino al maggio del 2018, con la sentenza della Cassazione, di cui sono state pubblicate ieri le motivazioni.

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