DOMEGGE DI CADORE - Gli occhi lucidi degli uomini e delle donne della montagna hanno raccontato meglio di tante parole lo strazio per la perdita del loro collega ed amico. Ieri mattina si sono ritrovati a Domegge per salutare Ferruccio Svaluto Moreolo, la guida alpina di 61 anni che ha trovato la morte sugli Spalti di Toro.
IL DOLORE DELLA COMPAGNA
La compagna Betty Da Deppo, anche lei nel Soccorso alpino del Centro Cadore, ha raccontato del loro amore nato fra una scalata e l’altra; quanto alla malattia Svaluto Moreolo l’ha combattuta contrastandola proprio grazie alla sua tenacia, alla passione con cui continuava ad andare in croda. Sui tanti perchè di una fine così prematura il commento di chi vive la montagna è uno solo: «E’ accaduto a lui come a tanti altri e come capiterà ancora». La verità sulla dinamica della fatale scivolata non la si potrà mai conoscere, tante le ipotesi formulate ma una sola certezza: Ferruccio Svaluto Moreolo era solo. Amava uscire da solo quando non aveva impegni professionali, «poteva permetterselo, aveva le capacità di gestire qualsiasi situazione, certo l’imprevisto capita anche al più bravo» assicurano gli amici. A messa finita, il feretro portato a spalle dai colleghi è uscito sul vasto sagrato gremito di giacche rosse, il colore dei volontari del Cnsas, mescolate a quelle del gruppo Ragni che hanno perduto il loro presidente. L’ultimo saluto.
«OTUIA»: IL RICORDO DI ALBANELLO
Così lo ricorda Sergio Albanello: «Sei stato una guida alpina di gran livello, in ogni ambito: dalla roccia, allo sci, al ghiaccio elemento che mi hai fatto conoscere ed appassionare condividendo salite uniche. Sei stato un tecnico di elisoccorso capace, preparato e dalle grandi doti umane. Quando la vita ha iniziato a fare scherzi, tu facendogli vedere di cosa è capace un montanaro, sei diventato scultore verista capace di far vivere animali ed elementi nascosti nel legno, per arrivare a diventare scrittore geniale e fantasioso. Ferrox, è stato un onore ed un privilegio essere tuo amico. Grazie! Ti voglio salutare con il nostro grido di battaglia: Otuia Otuia». Che è “aiuto” al contrario: «40 anni fa -spiega Albanello- su una cascata di ghiaccio con Ferruccio l’appiglio stava per cedere e lui primo di cordata gridò “otuia”, quasi per gioco ricordando un vecchio cartone animato. Poi abbiamo dato questo nome a una via su un’altra cascata di ghiaccio». Ferruccio grazie ad un corso di roccia organizzato dai Ragni quando aveva 18 anni, aveva appreso i rudimenti della sicurezza e della tecnica e, cosa più importante, conosciuto i futuri compagni di cordata.