Epidemia colposa, assolti i medici indagati per falso: «Accanimento ingiusto»

Ieri il giudice ha dichiarato che «il fatto non sussiste». Terminato un incubo per Bortoluzzi, Bortot, Zanella e Fabbri

Sabato 21 Maggio 2022 di Davide Piol
Gli imputati con i difensori in Tribunale, assolti i medici

BELLUNO - Quando il giudice ha letto la sentenza - «Assolti perché il fatto non sussiste» - nessuno ha rotto quel momento, quasi magico, che ha sancito la fine di un incubo e di quello che è stato definito da qualcuno un «accanimento ingiustificato». Il procuratore Paolo Luca è uscito dall'aula per primo, avviandosi velocemente verso il proprio ufficio. Poi sono arrivati gli imputati con i loro difensori. Ancora silenzio. Soltanto Antonella Fabbri si è girata e ha sorriso: «Finché c'è vita ha detto c'è speranza». È finito in questo modo, con un'assoluzione piena per tutti, il procedimento a carico di Cristina Bortoluzzi, Tiziana Bortot, Raffaele Zanella, Antonella Fabbri, i componenti dell'ufficio disciplinare dell'Ulss Dolomiti finiti nel vortice dell'inchiesta Bianchini con l'accusa di falso.


IL CASO
Il fascicolo corposo della Procura ruotava infatti intorno al primario di Otorinolaringoiatria Roberto Bianchini, indagato di epidemia colposa.

Secondo la pubblica accusa era stato lui a causare il primo focolaio all'ospedale di Belluno dopo essere tornato da una vacanza a Ko Samui (Thailandia) insieme a moglie e amici dal 14 al 24 febbraio 2020. La difesa era riuscita a dimostrare che Bianchini non aveva l'obbligo della mascherina in reparto (se non in casi eccezionali) e che, usciti i primi sintomi covid, aveva smesso di lavorare. I suoi colleghi, invece, erano finiti nell'inchiesta per favoreggiamento e per falso perché l'avrebbero coperto allo scopo - spiega il procuratore - di eludere le indagini della guardia di finanza.


GUERRA DI RICORSI
Al gip di Belluno, il pm aveva chiesto la sospensione dal lavoro per tre mesi per Bianchini, Zanella e Fabbri. Nel caso del primario, l'istanza verteva non solo sulla «gravità del reato commesso», cioè l'epidemia colposa aggravata, ma anche sul «pericolo di reiterazione di reati della stessa specie». Quanto agli altri due apparivano attuali, secondo la Procura, «tanto il pericolo di inquinamento delle prove, quanto (anche in questo caso, ndr) quello di reiterazione dei delitti della stessa specie». C'era stato un primo rigetto dal gip di Belluno. Poi un secondo dal Tribunale del Riesame di Venezia che aveva dichiarato come le condotte del primario fossero state caratterizzate da «colpevole sottovalutazione della situazione e da chiara superficialità». Tuttavia non era possibile stabilire un nesso causale, necessario per la configurazione del reato di epidemia colposa, tra il suo comportamento e lo scoppio del focolaio. Era seguito un altro ricorso per Cassazione: bocciato per la terza volta. Anzi, i giudici avevano addirittura dichiarato insussistente il reato di epidemia colposa. Di conseguenza era caduto anche il presunto favoreggiamento nei confronti del primario e il procuratore non aveva potuto far altro che chiedere l'archiviazione per tutte le ipotesi di reato, fuorché il falso. Bortoluzzi, Bortot, Zanella, Fabbri, secondo la pubblica accusa, avevano mentito sulla data di rientro al lavoro da parte di Bianchini.


IL PROCESSO
Nell'udienza preliminare del 29 aprile, durata quasi quattro ore, il pm aveva chiesto 6 mesi di reclusione (in abbreviato) per Cristina Bortoluzzi e Tiziana Bortot, e il rinvio a giudizio per Raffaele Zanella e Antonella Fabbri. Erano seguite le arringhe delle difese e poi il rinvio dell'udienza. Ieri mattina il procuratore ha voluto replicare, insistendo ancora una volta sulla presunta colpevolezza degli imputati. Il giudice però aveva le idee chiare: ha assolto Bortoluzzi e Bortot «perché il fatto non sussiste» e dichiarato di non doversi procedere (per gli stessi motivi) nei confronti di Zanella e Fabbri. Si è concluso un capitolo ma la storia non è ancora terminata. Antonella Fabbri ha infatti denunciato per calunnia, abuso d'ufficio e frode processuale chi ha svolto le indagini. Ma questa sebbene collegata è un'altra storia.

 

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